C’erano una volta i dialer, programmi autoeseguibili che cambiavano il numero della connessione dial-up con addebiti indesiderati, e a volte decisamente consistenti, in bolletta. Sono passati gli anni e sono cambiate le tecniche, ma la sostanza rimane sempre quella.

Nell’epoca degli smartphone, il metodo più semplice per spillare qualche euro agli utenti è rappresentato dai fleeceware, che da tempo affliggono il mondo Android ma che non lasciano immune nemmeno l’ecosistema Apple, in particolare i possessori di iPhone. Il termine deriva dall’inglese to fleece (spennare) e indica proprio la tecnica per addebitare costi esagerati in cambio di servizi di dubbia utilità.

Non si tratta di una vera e propria truffa, visto che offrono comunque delle funzionalità, a fronte però di cifre spropositate. Nella maggior parte dei casi queste applicazioni offrono un breve periodo di prova (solitamente una settimana) per il servizio completo, con un canone di abbonamento che verrà applicato al termine.

I costi sono tutt’altro che abbordabili, visto che si parte da 9,99 dollari a settimana per arrivare fino a 520 dollari all’anno. Gli sviluppatori che portano avanti questa politica giocano principalmente sull’ignoranza dell’utente medio, che non legge con attenzione le note legate all’applicazione e che quindi si limita a disinstallare l’applicazione o a non utilizzarla più al termine della prova.

In realtà, come riportano le pagine di supporto dell’App Store e del Play Store, nella maggior parte dei casi è necessario disattivare l’abbonamento o annullare il rinnovo, per evitare di vedersi addebitato sul metodo di pagamento predefinito, il canone mensile o annuale previsto dall’applicazione.

L’invito è dunque quello di prestare la massima attenzione alle applicazioni che vengono installate, in particolar modo a quelle che offrono un periodo di prova gratuito seguito dall’addebito di un canone periodico. Per maggiori informazioni potete consultare il nuovo report pubblicato da SophosLabs, che mette in guardia dal problema.