Negli Stati Uniti torna a farsi sentire la tensione tra sicurezza nazionale e tecnologia di origine cinese, secondo quanto riportato dal Washington Post il Dipartimento del Commercio (DOC) avrebbe avanzato una proposta per vietare la vendita dei router TP-Link sul territorio americano; una misura che, se approvata, potrebbe avere conseguenze rilevanti non solo per il mercato della connettività domestica, ma anche nei rapporti già delicati tra Washington e Pechino.
Il nuovo capitolo nella guerra tecnologica USA-Cina coinvolge TP-Link
La proposta del DOC, secondo quanto riportato, è sostenuta da diverse agenzie federali di primo piano, tra cui i Dipartimenti della Sicurezza Interna, della Giustizia e della Difesa; l’obbiettivo, almeno ufficialmente, sarebbe quello di limitare l’uso di dispositivi considerati potenzialmente vulnerabili o influenzabili da governi stranieri.
Il timore principale, espresso chiaramente nei documenti interni, riguarda infatti la possibilità che i router TP-Link, data la loro origine cinese, possano rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale, raccogliendo e trasmettendo dati sensibili a soggetti esterni. Si tratta, è bene ricordarlo, di una preoccupazione già sollevata in passato nei confronti di altri produttori cinesi come HUAWEI e ZTE, con conseguenze che hanno portato a veri e propri divieti di importazione e utilizzo in ambito governativo.
Il Dipartimento del Commercio aveva già avviato un’indagine su TP-Link nel 2024, durante l’amministrazione Biden, per presunti legami con hacker sostenuti da Pechino; ad oggi però, non sono emerse prove pubbliche di attività illecite, e la stessa azienda ha sempre respinto con decisione ogni accusa.
Nonostante il sostegno di diverse agenzie federali, la proposta non è ancora stata approvata ufficialmente e la Casa Bianca non ha preso una posizione chiara. In una nota, un portavoce ha dichiarato che l’amministrazione è consapevole degli sforzi attivi del governo cinese per sfruttare vulnerabilità critiche, ma non ha confermato l’intenzione di procedere con un divieto totale.
Un ulteriore elemento di incertezza deriva dal recente incontro tra il presidente Donald Trump e il leader cinese Xi Jinping, volto ad allentare le tensioni commerciali tra i due Paesi; secondo alcune fonti TP-Link potrebbe addirittura diventare merce di scambio nelle trattative future tra Stati Uniti e Cina, un segnale di come le questioni tecnologiche siano ormai intrecciate a doppio filo con la diplomazia internazionale.
L’azienda, che opera negli Stati Uniti tramite la controllata TP-Link Systems con sede a Irvine (California), ha risposto con toni duri alle accuse; Jeff Seedman, portavoce ufficiale della compagnia, ha definito la proposta assurda, sottolineando come un eventuale divieto non danneggerebbe la Cina, ma un’azienda americana impegnata a fornire prodotti sicuri e di qualità.
TP-Link ribadisce inoltre la propria indipendenza operativa dalla casa madre cinese e la conformità di tutti i suoi dispositivi agli standard di sicurezza imposti dal mercato statunitense; nonostante ciò, l’ombra del sospetto continua a pesare, complice anche la sensibilità del tema in un momento in cui la cybersicurezza è diventata una priorità per il governo USA.
Per il momento, il Dipartimento del Commercio non ha adottato alcuna misura concreta, e non è escluso che la vicenda possa concludersi con un compromesso, magari sotto forma di accordo o di supervisione aggiuntiva sui prodotti TP-Link. Tuttavia, la semplice possibilità di un divieto rappresenta già un segnale forte, che conferma come la fiducia verso le aziende tech di origine cinese sia ormai ai minimi storici a Washington.
Gli utenti americani dovranno dunque attendere per capire se i router TP-Link, tra i più diffusi e apprezzati nel segmento consumer, potranno continuare a essere venduti liberamente o finiranno nel mirino delle restrizioni federali; in ogni caso, il messaggio politico è chiaro, la battaglia per il controllo della tecnologia di rete è tutt’altro che finita.
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