L’ambizione europea di diventare protagonista nella produzione globale di semiconduttori incontra un nuovo capitolo, tutti i Paesi membri dell’Unione Europea hanno aderito a una coalizione guidata dai Paesi Bassi che spinge per una revisione del Chips Act, la maxi iniziativa lanciata un paio di anni fa per rilanciare la filiera del silicio nel Vecchio Continente.
L’obbiettivo è il Chips Act 2.0, il cui compito sarà quadruplicare gli investimenti pubblici e concentrare le risorse sui nodi strategici, con l’intento di rendere l’Europa meno dipendente dai giganti asiatici e statunitensi; ma i numeri, per ora, raccontano un’altra storia.
L’Unione Europea punta più in alto nel mercato globale dei chip
Il primo Chips Act, varato con uno stanziamento di 43 miliardi di euro, puntava a portare la produzione europea di chip al 20% della catena globale entro il 2030, un traguardo che oggi appare sempre più difficile; secondo le ultime stime, l’Unione Europea arriverà solo all’11,7% entro la stessa data, appena un paio di punti in più rispetto al 2022.
Complice il ritiro di progetti chiave, emblematico il passo indietro di Intel sulla nuova fabbrica in Germania, l’attuale piano non basta a colmare il divario con player come Taiwan (TSMC) o con i massicci incentivi varati dagli Stati Uniti.
Di fronte a questi dati, a marzo 2025 i Paesi Bassi hanno guidato la nascita della cosiddetta Semicon Coalition, alla quale hanno aderito via via tutti gli altri Stati membri; nella giornata odierna la coalizione ha consegnato alla Commissione Europea una dichiarazione ufficiale per chiedere un Chips Act 2.0, che preveda:
- finanziamenti fino a quattro volte superiori a quelli attuali
- un bilancio separato dedicato esclusivamente a produzione e investimenti nel settore
- procedure accelerate per l’approvazione dei progetti infrastrutturali
- maggiore accesso a tecnologie critiche e competenze specialistiche lungo tutta la filiera
La spinta arriva non solo dai governi, ma anche dall’industria: SEMI, il gruppo che rappresenta circa 3.000 aziende del settore, e oltre 50 produttori di semiconduttori hanno firmato la dichiarazione; tra i nomi spiccano NVIDIA, ASML, Intel, STMicroelectronics e Infineon, a testimonianza di un sostegno che attraversa Europa e Stati Uniti.
Come sottolineato dal ministro olandese degli Affari economici, Vincent Karremans, l’Europa deve adattare la sua strategia alle crescenti tensioni geopolitiche, che mettono in discussione l’accesso a tecnologie e materiali critici; il nuovo piano punta quindi meno al semplice controllo di quota di mercato e più a garantire autonomia e resilienza in segmenti fondamentali, dalla progettazione alla produzione avanzata.
Nonostante l’ondata di investimenti generata dal primo Chips Act la strada resta in salita, il distacco da giganti come TSMC, ma anche dalla spinta statunitense dell’Inflation Reduction Act, è evidente. Per gli analisti la vera sfida sarà trasformare la promessa del Chips Act 2.0 in cantieri e impianti reali, solo un’accelerazione concreta potrà evitare che l’Europa resti un attore marginale nella catena del valore globale dei chip, pur con competenze di eccellenza e aziende di primo piano come ASML.
Le imprese del settore dovranno quindi attendere per vedere eventuali risultati tangibili, la volontà politica non manca, ma tra obbiettivi ambiziosi e realtà del mercato, l’Europa è chiamata a dimostrare di saper passare (finalmente) dalle intenzioni ai fatti.
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