Per Coinbase non si tratta del momento più felice della propria vita. Il più grande exchange di criptovalute operante all’interno del territorio statunitense è infatti al centro di una serie di vicende giudiziarie e, soprattutto, nel mirino della Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti. Un’attenzione destinata con tutta evidenza a preoccupare non poco vertici e investitori, soprattutto in un momento in cui le autorità finanziarie non sembrano disposte a chiudere gli occhi di fronte ad una situazione estremamente critica.

È stata la stessa azienda ad annunciare l’apertura di una indagine nei suoi confronti da parte dell’autorità preposta alla sorveglianza dei mercati finanziari statunitensi. Oggetto del contendere sono stavolta i programmi dedicati allo staking varati dall’exchange, i quali permettono agli utenti di ottenere una rendita passiva conservando all’interno del proprio portafogli determinate criptovalute.

Le richieste di informazioni avanzate dalla SEC riguardano anche il processo di quotazione degli asset, la classificazione degli stessi e i prodotti stablecoin. Per quanto concerne i servizi di staking, occorre sottolineare come essi rientrino nell’offerta di molti scambi di criptovalute, presentandosi come una notevole opportunità di diversificazione del trading e permettendo agli interessati di generare un rendimento prefissato sui token posseduti, delegandoli in maniera tale da aiutare a verificare le transazioni e proteggere la rete blockchain. Proprio questo fattore conferisce alla notizia un sapore del tutto particolare.

Per quanto riguarda Coinbase, le entrate derivanti dallo staking hanno rappresentato l’8,5% delle entrate nette nel corso del secondo trimestre. Un periodo nel corso del quale la piattaforma di scambio ha lasciato sul terreno oltre un miliardo di dollari, provocando la comprensibile reazione dei mercati, con conseguente penalizzazione del titolo.

I guai giudiziari di Coinbase

Se dal punto di vista commerciale non è un gran momento, da quello giudiziario le cose sembrano però andare molto peggio. In particolare sono proprio i rapporti con la SEC a destare molta preoccupazione, dopo l’annuncio dell’apertura di un’altra inchiesta, quella tesa a verificare se effettivamente l’exchange abbia venduto titoli non autorizzati.

Se sul blog aziendale questa ipotesi viene negata con grande vigore, resta però la sostanza di un’indagine di cui è impossibile al momento prevedere l’epilogo, anche alla luce di quello che sta accadendo a Ripple, nell’ambito di un procedimento analogo. Anche in questo caso l’attenzione dell’intero settore è molto alta, in quanto la stessa accusa potrebbe essere mossa ad altri soggetti.

Nella giornata di martedì, inoltre, l’azienda ha inviato una comunicazione agli azionisti, informandoli dell’invio da parte della SEC, nel mese di maggio, di una richiesta volontaria di informazioni, comprese quelle relative al processo di quotazione. Ancora non è dato sapere se si tratti dell’avvio di un’indagine formale, ma considerato quanto sta accadendo non è azzardato pensare che l’ente di vigilanza intenda procedere senza indugi.

La richiesta di Coinbase alla Corte Suprema

Tra le cause legali in cui è impegnato Coinbase in questo periodo, ce ne sono anche altre di cui si è sinora parlato poco, ma che potrebbero rivelarsi molto insidiose. In particolare sono le seguenti a preoccupare non poco l’azienda:

  1. la causa intentata da Abraham Bielski, un cittadino californiano il quale ha deciso di citare in giudizio la piattaforma di scambio crypto dopo aver perso 31mila dollari a causa dell’entrata nel suo conto su Coinbase da parte di un hacker che si era spacciato per un dipendente di PayPal ottenendo dati riservati poi utilizzati per il raid. Secondo Bielski l’exchange non avrebbe fornito un supporto adeguato per poter rientrare in possesso dei soldi sottratti dal conto, violando in particolare l’Electronic Funds Transfer Act e il Regolamento E;
  2. quella nota come Suski contro Coinbase, in cui l’azienda è accusata di aver violato la legge californiana sui consumatori organizzando un ingannevole evento a premi da 1,2 milioni di dollari sotto forma di Dogecoin, senza però fornire agli interessati le dovute avvertenze e informazioni sulla natura del concorso.

Secondo Bloomberg, Coinbase avrebbe avanzato una precisa richiesta alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ovvero quella di sottoporre a mediazione le due cause appena presentate. La motivazione alla base della richiesta è che la richiesta di sottoporre le controversie a mediazione era prevista dai termini contrattuali, ma è stata inizialmente respinta dalle autorità giudiziarie federali in entrambi i casi.

Coinbase sta ora facendo appello nei riguardi di queste decisioni preliminari e nell’ambito della strategia adottata ha chiesto alla Corte Suprema di agire con urgenza e di ascoltare le argomentazioni della società. L’azienda ha inoltre chiesto la sospensione delle udienze da parte dei tribunali interessati presentando un appello alla Corte d’Appello del 9° Circuito degli Stati Uniti, con sede a San Francisco, il quale aveva rifiutato in precedenza di bloccare i ricorsi.

A prescindere dall’esito di queste controversie, Coinbase è in questo momento sotto attenta sorveglianza da parte delle autorità di controllo e sembra destinato a restarci ancora a lungo. Una prospettiva che sembra destinata a preoccupare non poco gli investitori, alla luce della maldestra gestione della vicenda relativa al programma di affiliazione. Proprio in quella occasione, infatti, iniziarono a circolare le indiscrezioni relative ad una possibile insolvenza della piattaforma, in particolare da parte di Kurt Wucker Jr., un noto collaboratore di CoinGeek.

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