La guerra in atto ormai da oltre tre mesi tra Russia e Ucraina continua ad occupare l’apertura di tutti i media globali, come è del resto facile immaginare. Oltre ai grandi problemi di geopolitica ad essa collegati, c’è anche un altro delicato aspetto il quale sta balzando sempre più all’attenzione generale, ovvero quello relativo ai pagamenti internazionali.

Com’è ormai noto, per cercare di contrastare il governo di Mosca e stigmatizzarne di fronte all’opinione pubblica mondiale l’aggressione a Kiev, Stati Uniti e Paesi alleati stanno cercando di portare avanti sanzioni di vario livello, tra cui l’embargo a gas e petrolio russi, oltre alla confisca di beni appartenenti a cittadini i quali, pure, non hanno apparenti rapporti con il governo. Una tattica che però potrebbe rivelarsi un disastro a livello giuridico, come è già stato fatto intendere dalla Svizzera, che ha iniziato a scongelare i conti in questione e che inizia a mostrare la corda anche nei rapporti commerciali.

Basta infatti notare i distinguo i quali iniziano ad arrivare dall’interno dell’Unione Europea, e non solo, per comprendere come la strada scelta sia densa di insidie, soprattutto per l’economia europea. La Russia, inoltre, proprio per vanificare ogni mossa in tal senso, ha iniziato a ridisegnare la propria politica in tema di pagamenti. Dopo aver obbligato chi vuole le sue risorse naturali a pagare in rubli, rafforzando vigorosamente la sua valuta sovrana, ora sembra decisa a pigiare il pedale dell’acceleratore in direzione delle criptovalute. Andiamo quindi a vedere meglio la questione per capirne le reali implicazioni.

Secondo Interfax la Russia si avvia all’accettazione di criptovaluta nei pagamenti internazionali

Secondo l’agenzia Interfax, il governo di Mosca sta seriamente vagliando l’ipotesi di consentire l’utilizzo di valuta virtuale nei pagamenti internazionali. L’affermazione dell’agenzia di stampa sarebbe la conseguenza di una ammissione in tal senso da parte di un funzionario governativo, Ivan Chebeskov, capo del dipartimento di politica finanziaria del ministero delle finanze. Un’ammissione la quale, del resto, non dovrebbe suonare eccessivamente sorprendente.

Già a marzo infatti, di fronte all’emissione delle prima sanzioni, nel corso di una conferenza stampa videoregistrata il Presidente della Commissione per l’energia della Duma russa, Pavel Zelezny, aveva indicato la possibilità di una maggiore flessibilità nei pagamenti coi Paesi amici, a partire da Cina e Turchia.

Le parole di Chebeskov arrivano in un momento abbastanza particolare per il suo Paese. In Russia, infatti, è già in atto una discussione sulla possibile regolamentazione del mercato crypto, nella quale si è evidenziata una vera e propria spaccatura. Se, infatti, la banca centrale ha avversato l’ipotesi di un’adozione degli asset virtuali, il ministero delle finanze sta invece mostrandosi non solo possibilista, ma anche favorevole a questa ipotesi.

Russia: cosa potrebbe accadere ora

Proprio l’evoluzione della situazione internazionale, con i tentativi occidentali di ostacolare lo sforzo bellico di Mosca utilizzando all’uopo lo strumento delle sanzioni, rischia ora di trasformarsi in una sorta di convitato di pietra. Se l’opposizione della banca centrale poteva avere senso in una situazione di apparente normalità (la Russia è ormai da anni oggetto di un gran numero di sanzioni internazionali per la questione legata all’annessione della Crimea), con la deflagrazione del conflitto con l’Ucraina il quadro è mutato del tutto.

Lo ha esplicitato del resto il quotidiano Vedomosti, anche in questo caso citando funzionari del governo, affermando che proprio il ministero delle finanze starebbe ora pensando al varo di un nuovo progetto di legge, in cui sarebbe compresa anche la parte relativa all’utilizzo di criptovalute nei pagamenti internazionali. Una parte la quale rischia di diventare il vero e proprio fulcro del provvedimento, alla luce della situazione del tutto particolare innescata dal conflitto.

In queste nuove condizioni, sembra difficile che il governo russo possa accogliere le istanze contrarie della banca centrale. Molto più probabile che imbocchi una strada del resto già praticata da Paesi sanzionati dall’Occidente, a partire dal Venezuela di Nicholas Maduro, ove sono stati usati il Petro, una valuta virtuale garantita dalle immense risorse minerarie e petrolifere del Paese, e le criptovalute in genere per allentare la morsa.

Questione energetica e criptovalute, in Russia

Occorre peraltro sottolineare come anche in Russia la questione energetica vada ad impattare in maniera notevole sulla discussione relativa agli asset virtuali. Il Paese, infatti, è costretto a sacrificare il 2% del consumo nazionale di elettricità sull’altare del mining. Per capire meglio il dato basterà ricordare come neanche le attività relative all’agricoltura siano in grado di raggiungere un simile dispendio energetico.

Un dato che è in calo, dopo l’inizio delle ostilità in Ucraina, restando pur sempre imponente. Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dal Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, considerato una sorta di Bibbia sulla questione, l’hashrate russo si è attestato al 4,55%, ponendo il gigante eurasiatico ai piedi del podio, formato da Kazakistan, Cina e Stati Uniti,

Nel caso in cui il progetto di legge del ministero delle finanze dovesse andare in porto, questa tasso di hash potrebbe nuovamente innalzarsi, anche se resta da capire se un trend di questo genere potrebbe realmente porre problemi in un Paese che, al momento, non deve pensare a problemi di carattere ambientale, bensì a quelli finanziari. Non resta quindi che attendere ulteriori notizie per capire se realmente la Russia si appresta a digitalizzare buona parte della propria economia. Ove ciò accadesse, sarebbe un ulteriore tassello in direzione di quell’adozione di massa degli asset virtuali che sembra sempre più all’ordine del giorno.

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