L’adozione sempre più capillare delle criptovalute, non solo come asset finanziario, ma anche in termini di strumento di pagamento quotidiano, sta rendendo sempre più evidente la necessità di nuove e stringenti regole, in grado di dare il massimo della sicurezza ai consumatori e un recinto in cui le società del settore possano portare avanti la loro attività. L’implicazione è che quelle vigenti non sono in grado di dare rassicurazioni in tal senso.

Il crollo degli asset virtuali degli ultimi giorni non ha mutato i termini della discussione, semmai può essere interpretato come un tocco di ironia aggiuntivo. Lo dimostra l’affacciarsi nel corso delle ultime ore di un’ipotesi che sancirebbe il crescente rilievo di Bitcoin e Altcoin nella società contemporanea. Stiamo parlando dell’Autorità mondiale per le criptovalute, evocata da Ashley Alder, presidente di IOSCO (International Organization of Securities Commissions) e CEO della Securities and Futures Commission di Hong Kong.

L’ipotesi in questione è stata lanciata nel corso del suo intervento all’evento OMFIF (Official Monetary and Financial Institutions Forum). Considerata l’importanza del tema non si tratta però di un progetto a breve termine. Perché il progetto possa arrivare a concretizzarsi servirà tempo, quello necessario per mettere a fuoco i dettagli. Quindi, il suo lancio non potrà avvenire prima del 2023, anche se è lecito nutrire dubbi sul suo effettivo realizzarsi.

Autorità mondiale per le criptovalute: di cosa si tratta

Il discorso di Alder muove i suoi passi dalla recente esplosione (e successiva implosione in atto ormai da mesi) degli asset virtuali, la quale si è andata a saldare con altri due fenomeni di grande rilievo, ovvero Covid e cambiamento climatico. Alder definisce questo mix alla stregua delle Tre C sulle quali le istituzioni di tutto il pianeta sono state costrette a concentrare la propria attenzione nel corso degli ultimi anni.

Per quanto riguarda più specificamente l’ambito crypto, i timori sono collegati principalmente ad aspetti come la cybersecurity, la resilienza operativa e la mancanza di trasparenza. Se a livello nazionale il nostro Paese ha dato vita alla normativa AML (Anti Money Laundering), che ha stabilito i nuovi requisiti per le società di criptovalute operanti lungo il territorio nazionale, resta una sorta di vuoto in termini di regolamenti a livello globale.

In pratica, ogni Paese si sta muovendo per conto suo, al fine di impedire per il momento il precipitare della situazione e le scorrerie di soggetti poco raccomandabili. I Paesi che hanno mostrato il maggior dinamismo in tal senso sono:

  • gli Stati Uniti, ove l’ordine esecutivo di Joe Biden ha proclamato l’importanza strategica delle criptovalute e affermato la necessità di varare il dollaro digitale;
  • la Cina, ormai da tempo dedita alla creazione di un quadro in grado di esaltare il suo yuan digitale e farne la leva per l’attacco al potere imperiale del dollaro;
  • El Salvador e Repubblica Centrafricana, i quali hanno proclamato il corso legale del Bitcoin;
  • il Venezuela, che è stato il primo Paese a creare una vera e propria crypto di Stato, il Petro.

A livello europeo, invece, continuano ad arrivare segnali al minimo contrastanti. Se, da un lato, il Parlamento continentale sta discutendo della normativa Markets in Crypto Assets, ci sono Paesi che sembrano intenzionati a farsi sentire su particolari tematiche. A partire dalla Svezia e dal blocco nordico, impegnato in una strenua battaglia contro il mining portato avanti con Proof-of-Work, l’algoritmo di consenso su cui si basa il Bitcoin.

Cosa potrebbe accadere ora

L’ipotesi evocata da Alder  sembra andare nella direzione di una sorta di ONU per il settore crypto. Il problema è che l’Organizzazione delle Nazioni Unite ormai da tempo mostra la corda, come del resto altri organismi sovranazionali. Si pensi in tal senso alla decisione presa da Donald Trump in piena pandemia Covid, di togliere i finanziamenti statunitensi all’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), in quanto troppo filo-cinese.

Un discorso il quale riguarda ormai un gran numero di organismi e che si sta aggravando dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Basti pensare in tal senso alla decisione presa dalla Russia per reagire all’espulsione delle proprie banche dal sistema bancario SWIFT, che ha spinto Mosca a guardare con grande interesse a quello cinese, denominato CIPS (Cross-border Interbank Payment System).

In un quadro così contrastato la proposta di un’autorità globale in grado di occuparsi di innovazione finanziaria sembra difficilmente destinato ad essere accolto. Soprattutto se si considera che molti Paesi stanno utilizzando gli asset virtuali per sfuggire alle sanzioni degli Stati Uniti e dei Paesi alleati. L’ultimo esempio in tal senso è rappresentato da Cuba, che ha deciso di aprire la propria economia a BTC, unendosi in tal modo al Venezuela, ove Maduro ormai da tempo ha individuato le criptovalute come il mezzo ideale per neutralizzare, per quanto possibile, l’embargo di Washington.

La domanda che viene spontanea, di fronte ad un quadro di questo genere è il seguente: perché questi Paesi, che stanno cercando vie alternative al sistema finanziario vigente, dovrebbero accettare di sottomettersi ad un ente nel quale si potrebbe riproporre quel dominio statunitense cui stanno cercando di sfuggire? Una domanda la quale dovrebbe riguardare peraltro anche la Russia, che proprio sulla decentralizzazione degli asset digitali sta fondando la sua strategia per sottrarsi agli effetti delle sanzioni.

In definitiva, possiamo dire al momento che l’idea di una autorità sovranazionale tesa a controllare il settore crypto è soltanto un’ipotesi sulla carta. Resta peraltro da capire come verrebbe accolta dai criptofans, alla luce di quelle istanze di decentralizzazione che hanno ispirato la nascita del Bitcoin, come si può capire analizzando l’ormai celebre white paper di BTC. Se l’ordine finanziario attuale si è fatto notare per la pratica esclusione di miliardi di persone dalla vita economica, perché si dovrebbe consentire a coloro che l’hanno portato avanti di controllare anche la nuova scena preconizzata da Satoshi Nakamoto?

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