Il Ministero delle Finanze russo sta lavorando ad un progetto teso a regolamentare le criptovalute. L’annuncio è stato dato da Kommersant, un quotidiano russo, il quale ha specificato che il provvedimento allo studio sarebbe teso a fornire un quadro rigoroso cui dovranno attenersi le aziende del settore. All’interno della normativa, un certo rilievo è anche dato alla questione del mining, da tempo una sorta di spauracchio a livello ambientale.

È peraltro da sottolineare come lo stesso Ministero delle Finanze abbia fatto nel corso degli ultimi anni da apripista nei confronti dell’innovazione finanziaria, a differenza di una banca centrale la quale ha invece cercato di mettersi di traverso nei confronti degli asset virtuali. Un atteggiamento che, però, è stato spazzato via dalle nuove esigenze imposta dal conflitto.

Il documento emesso a livello ministeriale ha un titolo ben preciso, “On Digital Currency” (Sulla valuta digitale), e punta a definire un quadro assolutamente univoco al quale dovrebbe attenersi l’industria crypto del gigante eurasiatico. Andiamo quindi a vederlo più da vicino.

Cosa afferma il documento

Il rapporto  del Ministero delle Finanze affronta molti dei punti più controversi, quando si parla di criptovalute. Quindi non solo quelli relativi alla regolamentazione dello strumento, ma anche per quanto riguarda il mining e il commercio di asset virtuali.

In particolare, andrebbe a ridisegnare le soglie di accesso cui dovranno fare riferimento tutti coloro che intendono investire e operare nel trading. Le prime voci in tal senso sembrano indicare rispettivamente in 30 e 100 milioni di rubli la soglia da raggiungere per gli operatori di borsa e quelli di trading online per essere accettati in tale veste.

Altra notizia che ha destato un certo clamore è poi quella relativa al bando nei confronti delle stablecoin, da molti reputato del tutto inaspettato. Considerate le polemiche che sono scaturire negli Stati Uniti da alcune pratiche poco ortodosse delle aziende di questa particolare nicchia di mercato, potremmo invece affermare che stupisce tale stupore. Resta comunque un dato di fatto ineludibile: Bitcoin, Ethrereum e Altcoin in genere saranno ammesse, le stablecoin no.

La Russia si avvia a diventare un vero e proprio hub crypto?

Le notizie relative alla regolamentazione degli asset virtuali all’interno del territorio russo, arrivano in un momento molto particolare, ovvero quello caratterizzato dalla guerra tra Russia e Ucraina. Una guerra che viene combattuta non solo sul fronte, ma anche a livello economico.

Le sanzioni emanate da Stati Uniti e Unione Europea, infatti, hanno spinto a sua volta il governo di Mosca a irrigidire progressivamente la propria posizione. Un atteggiamento dovuto alla pratica constatazione che l’economia europea, senza il gas russo, è destinata a collassare in un arco temporale abbastanza rapido.

Basta in effetti vedere le proteste di sindacati e imprenditori tedeschi per capire come l’embargo dell’UE all’energia russa sia vissuta come l’anticamera di una crisi di sistema per gli apparati industriali più forti dell’eurozona. Soltanto per l’Italia, ad esempio, si calcola che il mancato afflusso del gas di Mosca potrebbe distruggere 570mila di lavoro nell’immediato futuro, oltre a comportare un salasso in termini di PIL.

In questo quadro, la Russia ha deciso di giocarsi alcune carte che fanno capire come la strategia di Putin sia tutt’altro che improvvisata, come del resto iniziano a sospettare alcuni media occidentali, in particolare quelli che hanno mostrato un atteggiamento più laico rispetto al conflitto in atto.

Dopo aver affermato di volere la conversione in rubli dei pagamenti relativi al gas, con relativo deposito del dovuto presso le banche russe, in modo da impedire il congelamento delle risorse in questione come indicato dalle sanzioni, ora il governo di Mosca ha mutato parere, sganciando una vera e propria bomba: pagamenti in Bitcoin.

Una mossa che era stata ventilata del resto dagli stessi governi occidentali, i quali avevano affermato di voler impedire alla Russia di sfuggire alle sanzioni. La decisione in questione, però, sposta del tutto il baricentro della discussione, ufficializzando come Putin sia intenzionato a fare del suo Paese un vero e proprio hub crypto, a livello globale.

Perché la mossa di Putin?

Naturalmente in molti si sono chiesti il motivo che ha spinto Putin a prendere con decisione la strada delle criptovalute, e di Bitcoin in particolare. Il motivo sembra però abbastanza scontato: BTC è ormai una realtà indiscutibile. Se qualcuno in occidente volesse colpire l’icona di Satoshi Nakamoto per danneggiare Mosca, ancora una volta andrebbe a colpire soprattutto la propria economia.

Basta in effetti dare uno sguardo agli acquisti di Bitcoin portati avanti da molti fondi, decisi a farne una riserva di valore in termini di oro digitale, per capire meglio la questione. Inoltre, provvedimenti tesi a colpire gli asset virtuali si rivelerebbero assolutamente impopolari agli occhi di una comunità crypto sempre più vasta, in ogni parte del globo.

In definitiva, possiamo dire che alla domanda se la Russia intendesse approfittare delle criptovalute per sfuggire alle sanzioni ha già provveduto a rispondere, positivamente, il governo di Mosca, dando vita ad una strategia che ha praticamente mandato in fumo la narrazione di sanzioni in grado di devastare l’economia del colosso eurasiatico. L’economia russa sembra aver risentito sinora in maniera molto lieve dell’embargo, mentre quella europea già inizia a trovarsi in forti difficoltà.

Difficoltà le quali, ben presto, potrebbero portare alla formazione di un fronte sociale sempre più vasto e contrario alle sanzioni, oltre che all’invio di armi a favore dell’Ucraina. Una realtà che sembra farsi sempre più largo nell’opinione pubblica occidentale, insieme all’impressione che la guerra in Ucraina si stia rivelando un fattore sempre più destabilizzante degli equilibri geopolitici. Una destabilizzazione la quale, però, non sembra andare a vantaggio di Washington e Bruxelles.

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