Il Regno Unito sembra avviarsi verso un nuovo quadro normativo per le criptovalute. A rendere concreta l’ipotesi è in particolare quanto rivelato da Coinspeacker, citando fonti anonime interne del Ministero delle Finanze.

Il motivo di questo vero e proprio cambio di passo in atto a Londra sarebbe da ricercare nel fatto che sono sempre più i Paesi i quali stanno operando nello stesso senso, in vista di una incorporazione degli asset virtuali all’interno della finanza tradizionale. Un trend che sta prendendo sempre più vigore, come dimostra l’atto esecutivo con cui Joe Biden ha affermato l’importanza strategica del settore per gli Stati Uniti.

Se ancora non si sa praticamente nulla degli eventuali orientamenti del governo britannico, dallo stesso Coinspeacker fanno sapere che il nuovo quadro legislativo dovrebbe rivelarsi più amichevole nei confronti di Bitcoin e delle sue sorelle, almeno rispetto all’attuale.

Anche la Bank of England (BoE) sarebbe a favore

Anche la Bank of England (BoE) sarebbe favorevole all’ipotesi prospettata da Coinspeacker, tale da garantire il massimo di stabilità finanziaria possibile in un momento storico particolare come l’attuale. Peraltro si prospetta il coinvolgimento nell’operazione anche di alcune note aziende del settore, a partire dall’exchange crypto Gemini. La stessa azienda che, peraltro, ha ideato  la stablecoin Gemini Dollar (GUSD).

I rumor arrivano dopo l’invio di una lettera da parte del vice-governatore per la Prudential Regulation della BoE, Sam Woods, ai CEO di alcune note società del settore. La missiva, recapitata pochi giorni fa, afferma in particolare che il trattamento delle criptovalute sul lungo termine è destinato a differire da quello attuale.

Lo stesso Woods non ha esitato ad ammettere, da parte sua, di ritenere molto interessante la tecnologia su cui si basano le criptovalute, ovvero la blockchain. Nonostante, e proprio per il fatto che sono in grado apportare notevoli vantaggi di carattere tecnico, afferma la necessità di fare in modo da mitigare i rischi che potrebbero comportare per il sistema finanziario tradizionale.

Le criptovalute stanno per essere ingabbiate?

Proprio le dichiarazioni di Woods dovrebbero essere oggetto di una approfondita discussione all’interno del mondo crypto. La regolamentazione di cui si parla, infatti, potrebbe rivelarsi il vero e proprio cavallo di Troia per mettere in discussione quello che è considerato il vero e proprio caposaldo ideologico degli asset virtuali, ovvero la decentralizzazione.

Com’è ormai noto, nel suo celebre White Paper del Bitcoin, Satoshi Nakamoto immaginava una vera e propria rivoluzione in ambito finanziario. Grazie al formarsi di reti autonome, le blockchain, doveva essere garantita l’inclusione monetaria di miliardi di persone, gli “unbanked”, attualmente escluse dal circuito. Persone le quali non hanno la possibilità di migliorare la propria esistenza mancando di strumenti elementari come un conto corrente bancario, per poter gestire il proprio patrimonio.

La decentralizzazione, vista come soluzione a questo immenso problema, ha però sempre fatto paura agli ambienti più retrivi della finanza tradizionale. Non a caso Warren Buffett, l’oracolo di Omaha, ha sempre visto come un pugno nell’occhio Bitcoin. Un fastidio il quale è stato espresso con notevole virulenza anche di recente, nonostante i tentativi di Justin Sun di spingerlo a mutare opinione.

Una contrarietà che ha unificato molti grandi personaggi della finanza globale. Si pensi ad esempio a quel Jamie Dimon, CEO di JP Morgan & Chase, che ancora pochi anni fa si proclamava del tutto contrario a BTC, denunciandolo alla stregua di una truffa. Oppure a Davide Serra, il fondatore di Algebris, secondo il quale l’icona crypto non sarebbe altro che una lavanderia di soldi sporchi.

Proprio Dimon, però, nel corso del tempo sembra aver mutato del tutto il proprio orientamento. Tanto che l’istituto bancario da lui diretto ha dato vita ad un suo token, JPCoin. Un mutamento di rotta talmente clamoroso da aver ricordato a più di un osservatore il celebre motto del Gattopardo, cambiare tutto affinché non muti nulla.

Si va verso l’adozione di massa delle criptovalute?

Naturalmente, anche in questo caso sembra affacciarsi la classica discussione sul bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Se, infatti, la regolamentazione del settore crypto da parte delle istituzioni potrebbe comportarne la fine delle ambizioni di autonomia, la mezza parte rimanente del bicchiere si potrebbe riempire con l’avvento di quella adozione di massa tanto sospirata da parte del settore.

Come abbiamo ricordato, la Bank of England sembra partire dalla necessità di dare un quadro legislativo in linea con quanto sta accadendo in altre parti del globo. In altri Paesi, peraltro, la discussione è già molto più avanti.

Basti pensare al caso di El Salvador, ove il Bitcoin è già da settembre moneta a corso legale. Una strada la quale potrebbe essere seguita da altri Paesi di Centro e Sud America, in particolare quelli assillati da alti livelli di inflazione.

Una discussione, quella sulle criptovalute, che sta peraltro penetrando profondamente nell’opinione pubblica di molti Paesi, spinta dagli eventi ucraini. La guerra scatenata dall’invasione russa, infatti, si è presto spostata a livello finanziario, con il governo di Mosca intenzionato ad utilizzare il potenziale di Bitcoin e valute digitali in genere per sfuggire alle sanzioni di Stati Uniti e Paesi alleati. Mentre Kiev ha dal canto suo legalizzato il denaro virtuale, per ovviare alle difficoltà create dal conflitto.

In definitiva, quindi, la discussione sulla regolamentazione delle criptovalute nel Regno Unito potrebbe rivelarsi solo il primo atto di una lunga serie di atti esecutivi, tesi a consegnare un nuovo quadro finanziario, ancora tutto da verificare.

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