Dal prossimo 18 maggio in Italia sarà attivo il Registro degli operatori in criptovalute. A notificarlo è stato un comunicato stampa emesso dall’Organismo degli Agenti e Mediatori (OAM), in prossimità della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo firmato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Può quindi essere considerato concluso l’iter normativo iniziato tramite il recepimento della IV e V direttiva antiriciclaggio, per effetto delle quali gli operatori del settore crypto sono stati equiparati dal punto di vista dell’obbligo comunicativo ai cambiavalute. In pratica, chi vorrà prestare servizi collegati all’utilizzo di denaro digitale e wallet adibiti al suo deposito, anche online, è obbligato ad iscriversi in una sezione speciale del Registro dei Cambiavalute tenuto presso l’OAM.

Chi intende prendere il treno appena partito ha a sua disposizione 60 giorni di tempo dalla data di apertura del Registro per comunicare i propri dati identificativi e la propria intenzione di operare all’interno dei confini nazionali.

Cosa comporta il provvedimento in questione?

Occorre precisare che l’iscrizione al Registro degli operatori in criptovalute non è un semplice adempimento formale. In sua assenza, infatti, l’esercizio dell’attività sarà da considerare abusivo.

Per quanto concerne i soggetti intenzionati a operare nel settore dopo l’istituzione del Registro dovranno effettuare l’iscrizione nella Sezione speciale del Registro per poi attendere la pronuncia dell’OAM. L’Organismo disporrà di 15 giorni (con una sola possibile proroga per ulteriori 10 giorni) al fine di procedere ad una verifica della regolarità e della completezza per quanto concerne la comunicazione e la documentazione allegata. Al termine di questo esame gli interessati saranno inclusi nel Registro, oppure esclusi.

Si tratta quindi di un atto fondamentale per poter esercitare una professione che, nel corso dei prossimi anni, potrebbe aprire nuove possibilità di lavoro anche nel nostro Paese, considerata la crescente importanza delle valute virtuali.

Il ruolo dell’OAM è molto importante

Il ruolo che viene assegnato all’OAM è molto delicato. Non solo, infatti, è delegato a curare la chiarezza, la completezza e l’accessibilità al pubblico dei dati ad esso affidati, ma anche a garantirne la disponibilità alle autorità impegnate nella lotta contro il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. Deve quindi collegarsi con le agenzie governative preposte all’opera di contrasto contro le bande criminali le quali utilizzano Bitcoin e Altcoin per finanziare i propri traffici.

Di conseguenza è tenuto a collaborare non solo con il Ministero delle Finanze, ma anche con le Autorità di vigilanza di settore e la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Inoltre deve raccordarsi con le forza dell’ordine al fine di agevolarne il dispiegamento dei rispettivi compiti istituzionali. In caso di richiesta è perciò tenuto a fornire ogni informazione e documentazione detenuta per effetto della gestione della sezione speciale del registro ad esso affidato.

Nel quadro dei compiti spettanti, quindi, L’Organismo dovrà fornire i dati identificativi dei clienti oltre alle informazioni relative all’operatività complessiva di ogni prestatore di servizi necessari all’utilizzo di valute virtuali e prestatore di servizi di portafoglio digitale. Il tutto diviso per ogni singolo cliente. Un’attività quindi capillare, che dovrebbe gettare le basi per contrastare un utilizzo improprio delle criptovalute.

L’opera di contrasto all’evasione e al riciclaggio di denaro sporco tramite asset virtuali

L’anagrafe degli operatori crypto gestita dall’OAM rappresenta un ulteriore passo in avanti da parte del nostro Paese verso l’approntamento di un paniere di strumenti in grado di contrastare i fenomeni nocivi per la trasparenza nei rapporti economici. In particolare a tutti i meccanismi che agevolano il trasferimento illecito di denaro e le truffe ai danni dei consumatori.

Il tutto avviene nel quadro giuridico reso possibile dall’approvazione dei decreti legislativi 90 del 2017 e 125 del 2019, che impongono l’estensione degli adempimenti antiriciclaggio anche ai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e a quelli di servizi di portafoglio digitale

Tra gli adempimenti in questione rientrano le normative KYC (acronimo di Know Your Customer) e AML (Anti Money Laundering). In pratica, grazie ad essi, exchange di criptovaluta e altri operatori del settore, come quelli che offrono wallet, devono soddisfare standard elevatissimi di trasparenza.

I sospetti sugli asset digitali

L’istituzione del registro va nella logica che si sta delineando con sempre maggiore forza in tutto il mondo. Ovvero fare terra bruciata intorno alle bande criminali che intendono usare le criptovalute per le proprie attività.

Com’è noto, l’economia criminale si svolge soprattutto nel Dark Web, la parte più nascosta di Internet, ove hanno luogo i traffici di stupefacenti, armi ed esseri umani. La tensione all’anonimato di molte criptovalute, a partire dalle cosiddette Privacy Coin, apre però crepe nel mondo reale, in cui può avvenire il trasferimento di risorse illecite. Proprio per stroncare questi fenomeni, gli Stati stanno approntando un quadro normativo adeguato allo scopo.

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