San Diego è stata una parentesi intensa ma senza fronzoli. I viaggi stampa fanno parte del mestiere, ne facciamo tanti e non cambiano il modo in cui valutiamo la tecnologia. Lo precisiamo solo perché Qualcomm stessa chiede trasparenza assoluta e lo mette come condizione etica esplicita, cosa che non capita spesso. E tutto ciò che abbiamo visto in casa Qualcomm riguardante Snapdragon X2 Elite (ed Elite Extreme) è ancora in versione engineering sample: quando arriveranno i prodotti finali, si ripartirà dai test.
Il punto però è un altro. In due giorni abbiamo avuto accesso diretto alla piattaforma Snapdragon X2 Elite ed Elite Extreme nella forma più tecnica possibile, entrando nei laboratori Qualcomm e vedendo come si costruisce un notebook Windows on Arm prima ancora che esista. CPU, GPU, NPU, tool interni, test di compatibilità con qualsiasi periferica, misurazioni in tempo reale, software non ancora pubblici e un percorso di ottimizzazione che parte mesi prima dei dispositivi commerciali. È un livello di profondità raro, soprattutto considerando che i primi notebook arriveranno solo nel 2026, con le prime novità attese già al CES di Las Vegas.
Il cambio di passo è netto: Snapdragon X2 Elite mostra i muscoli
La nuova piattaforma Snapdragon X2 Elite segna un cambio di passo rispetto alla prima generazione di Windows on Arm. Non è un affinamento, ma un ridisegno delle tre componenti chiave come CPU, GPU e NPU con l’obiettivo di colmare le distanze con x86 e, in alcuni scenari, ribaltare i rapporti di forza. È questo il punto che Qualcomm ha voluto trasmettere durante il deep dive di San Diego: la seconda generazione non nasce per correggere la precedente, ma per spingere l’architettura Arm verso un livello che finora nei notebook non si era visto.
La CPU Oryon introduce un’architettura rinnovata sia nel front-end che nel back-end, con un lavoro importante su pipeline, predizione, cache e throughput che punta a migliorare l’IPC e la scalabilità dei core. È qui che si gioca la differenza principale: più efficienza ai watt bassi e medi, ma anche più prestazioni sostenute, un aspetto che vedremo nei benchmark interni che ci hanno mostrato nei laboratori.
La GPU Adreno cresce ancora di più rispetto alla generazione precedente. Non solo più frequenze e più unità, ma una struttura pensata per rendere meglio nei carichi moderni: rendering più complessi, gestione avanzata delle pipeline grafiche e un supporto maggiore al calcolo general purpose. Nei grafici di Qualcomm il salto è evidente, soprattutto nei test sintetici più pesanti come Solar Bay e Steel Nomad.
Il cambiamento più marcato arriva però dalla NPU Hexagon, che non aumenta semplicemente la potenza teorica, ma introduce una nuova organizzazione interna fatta di unità scalar, vector e matrix riviste, cache dedicate più grandi e un’alimentazione separata per lavorare con maggiore costanza. L’obiettivo è chiaro: permettere l’esecuzione locale di modelli più grandi, agenti multipli e flussi AI più continui senza pesare su CPU e GPU.
Oryon ha molto da dire: la parte CPU non è da sottovalutare
Uno dei momenti più densi del deep dive è stato quello dedicato alla CPU Oryon, il componente che più di tutti segna il cambio di ambizione della piattaforma Snapdragon X2 Elite. Fin dai primi minuti era chiaro che per Qualcomm questa CPU non rappresenta un semplice upgrade, ma il tassello che deve dimostrare che Windows on Arm può competere ai massimi livelli. Secondo Pradeep Kanapathipillai, è la parte del SoC che deve convincere gli scettici e definire la maturità della seconda generazione.
La prima cosa che abbiamo capito, osservando le slide interne e ascoltando gli ingegneri, è che Oryon è stata ripensata sia nel front-end che nel back-end. Il front-end introduce una predizione dei salti più aggressiva, un prefetch più intelligente e una pipeline capace di mantenere un numero maggiore di istruzioni “vive”. Dietro le quinte, il back-end lavora con throughput migliorato, latenze ridotte e una gestione delle cache più ottimizzata. Tutto questo serve a un obiettivo molto concreto: aumentare l’IPC e rendere il core più efficiente e più costante nel tempo.
I benchmark visti nei laboratori lo confermano. In Geekbench, la CPU raggiunge oltre 4000 punti in Single-Core, mentre la versione Elite Extreme arriva a sfiorare i 23.400 punti in Multi-Core, dimostrando una scalabilità reale e non solo teorica. Anche nei test più pesanti come Cinebench, il salto è evidente: la variante Extreme supera i 1800 punti in ST e si avvicina ai 1900 punti in MT, valori che raccontano un miglior equilibrio tra boost, frequenze e architettura.
Uno dei temi ricorrenti è stata la gestione dei consumi. Nei grafici performance-per-watt mostrati da Qualcomm, la CPU Oryon emerge con un vantaggio netto soprattutto nella fascia tra i 10 e i 25 watt, quella più rappresentativa dei notebook sottili. Qui le prestazioni rimangono più alte a fronte di un calore generato inferiore, permettendo alla piattaforma di mantenere frequenze più stabili e di evitare il throttling anche in sessioni prolungate.
Un altro punto che gli ingegneri hanno voluto sottolineare riguarda la costanza sotto carico. Rispetto alla prima generazione, questa CPU non punta soltanto a picchi più alti, ma a sostenerli meglio. Nei test interni che abbiamo visto, il comportamento durante gli stress test risultava più lineare, con meno oscillazioni e una curva di potenza più prevedibile. Un elemento essenziale per rendere l’esperienza di Windows on Arm competitiva nel lavoro di tutti i giorni.
La nuova GPU Adreno fa un salto enorme, decisamente inaspettato
“Per i nostri standard, questa è una GPU enorme.” Questa è stata la frase di Eric Demers, Senior Vice President Engineering di Qualcomm per Adreno GPU e se c’è un punto in cui la piattaforma Snapdragon X2 Elite ha davvero spiazzato tutti, è proprio la GPU. Lo diciamolo subito: il salto rispetto alla generazione precedente non è grande, è enorme. E questo lo si percepisce non solo guardando le slide, ma soprattutto entrando nelle stanze dei laboratori e mettendo mano ai giochi che, fino a un anno fa, su Windows on Arm erano quasi un tabù.
La sensazione che abbiamo avuto a San Diego è che Qualcomm abbia capito che per rendere credibile un PC Arm non bastava una buona CPU: serviva una GPU vera, capace di sostenere carichi moderni, giochi complessi e motori grafici che vivono di shader pesanti. E infatti la nuova Adreno è stata ripensata in quasi ogni sua parte. Lavoro sulle pipeline, miglioramenti nei thread dispatcher, gestione più avanzata del rendering tiled, frequenze più alte e soprattutto più unità computazionali in grado di mantenere performance costanti.
I numeri della GPU parlano chiaro: nei test sintetici come 3DMark Solar Bay e Steel Nomad Light il salto è netto. La versione X2 Elite Extreme arriva a toccare quasi 90 FPS in Solar Bay, con un incremento generazionale impressionante rispetto allo Snapdragon X Elite. Anche nelle varianti 12-core e 18-core, le differenze sono evidenti, con una crescita che supera tranquillamente la doppia cifra percentuale in ogni scenario. E tutto questo su un SoC che resta pensato per notebook sottili.
Ma i numeri, paradossalmente, sono la parte meno sorprendente. Il vero shock arriva provando i giochi. In un anno siamo passati da una generazione in cui il gaming era poco più di una dimostrazione tecnica, a una generazione in cui titoli come Cyberpunk 2077, Fortnite e Black Myth: Wukong girano in modo credibile, senza glitch, senza frame pacing irregolare, senza quella sensazione di “emulazione mascherata” che si respirava prima. È un cambiamento radicale, quasi difficile da credere se non lo si vede di persona ma non attivate il ray tracing.
La cosa più interessante è la costanza. Non è solo una GPU più potente, è una GPU che regge. Nelle sessioni che ci hanno mostrato, e in quelle che abbiamo provato, le frequenze rimanevano più stabili, il frame rate aveva oscillazioni molto più contenute e l’intero sistema manteneva consumi entro limiti ragionevoli. Questo è importante perché, come ci hanno spiegato gli ingegneri, la nuova Adreno è stata progettata pensando al bilanciamento tra performance e power envelope, in modo da permettere l’uso prolungato senza throttling e senza bisogno di dissipazioni esagerate.
Nei benchmark interni, la GPU dell’X2 Elite Extreme supera in modo netto i modelli inferiori: nei test Steel Nomad Light, ad esempio, si passa da circa 30 FPS della generazione precedente a oltre 40 FPS, e in Solar Bay dai 68 FPS della variante base fino a quasi 90 FPS dell’Extreme. È un salto che non si vede spesso in un solo anno e che racconta quanto Qualcomm abbia lavorato non solo sull’architettura, ma anche sullo stack software e sulla compatibilità con giochi e motori grafici più complessi.
Ed è qui che si percepisce la vera ambizione. Se fino a poco tempo fa l’idea di “giocare su Windows on Arm” era quasi un meme tra gli addetti ai lavori, ora la situazione cambia completamente. Non siamo di fronte a una GPU dedicata o a un computer da gaming, sia sempre ben chiaro, ma a qualcosa che finalmente può dare un’esperienza percepita come PC, non come compromesso.
Interessa ancora a pochi ma la NPU Hexagon è tanta roba
Nel mondo dei PC si continua a parlare quasi esclusivamente di CPU e GPU. La NPU viene spesso liquidata come un dettaglio secondario, qualcosa che riguarda solo gli ingegneri o gli appassionati più tecnici. A San Diego, però, la sessione guidata da Lucian Codrescu, Vice President Technology, e Upendra Kulkarni, Vice President Product Management, ha ribaltato completamente questa percezione. È diventato evidente che, per Qualcomm, la NPU Hexagon è il cuore della piattaforma Snapdragon X2 Elite, il componente che delinea il futuro degli AI PC molto più di qualsiasi altro elemento del SoC.
Codrescu ha spiegato come questa nuova NPU non sia semplicemente più potente, ma più intelligente e strutturata. Le tre unità interne, scalar, vector e matrix, sono state riprogettate per lavorare con più parallelismo e con latenze inferiori. Le cache dedicate sono più grandi, più vicine ai blocchi di calcolo e ottimizzate per sostenere modelli più estesi. L’introduzione di un power rail separato permette alla NPU di mantenere carichi elevati senza influire sulle frequenze della CPU o della GPU, riducendo al minimo interferenze termiche e oscillazioni.
Nei test come Procyon AI – Computer Vision la NPU supera i 4300 punti, e in Geekbench AI raggiunge circa 88.000 punti, non solo più velocemente ma anche con un comportamento più costante e prevedibile. Ma la parte più interessante non erano i numeri, bensì le applicazioni reali che la NPU è stata in grado di gestire.
Durante la sessione abbiamo visto la NPU eseguire in locale Llama 3.2 3B con una fluidità che la generazione precedente non riusciva neppure a sfiorare. Sono stati mostrati agenti multimodali, ognuno con una propria pipeline basata su LLM e LVM, gestiti in parallelo senza saturare la memoria o rallentare il sistema. Abbiamo visto esempi complessi di computer vision accelerata tramite hardware, con operazioni come fused activation e depthwise convolution sostenute interamente dalla NPU. C’erano anche flussi di image processing molto più articolati, eseguiti senza vibrazioni prestazionali o colli di bottiglia.
Uno dei punti più interessanti emersi dallo speech riguarda i TOPS necessari per gestire agenti AI multipli. Per avere tempi di risposta nell’ordine del secondo con modelli da 3, 7 e 14 miliardi di parametri serve una certa soglia di potenza di calcolo, e la nuova Hexagon si posiziona esattamente dove serve. È un contesto in cui la generazione precedente arrancava, mentre qui la piattaforma è già pronta per scenari complessi con più agenti attivi contemporaneamente.
Qualcomm descrive tutto questo come AI distribuita, ed è un concetto che, osservato dal vivo, prende una forma molto concreta. La CPU gestisce la logica e il flusso principale, la GPU si occupa del calcolo parallelo più pesante e la NPU fa inferenza con il miglior rapporto performance per watt. È un sistema che permette di scalare senza saturare nessun blocco del SoC e che rende credibile l’idea di un PC in grado di eseguire autonomamente modelli AI di una certa dimensione.
Potenza, consumi e temperature: tutto quello che ci è dato sapere, per adesso
Se c’è un capitolo in cui Snapdragon X2 Elite mostra quanto sia maturata rispetto allo scorso anno, è quello dedicato alla gestione della potenza, dei consumi e delle temperature. Lo si è percepito fin dai primi minuti dell’intervento di Guy Therien, che ha impostato tutta la sessione su un concetto molto semplice ma fondamentale: un buon notebook non si giudica nei picchi, si giudica nel modo in cui resta stabile quando il carico si prolunga. Ed è proprio in questo ambito che la nuova piattaforma Qualcomm segna un punto di discontinuità rispetto a tutto ciò che l’ha preceduta.
Therien ha mostrato come la X2 Elite sia stata progettata per rendere al massimo nella fascia di consumo in cui vive la maggior parte dei notebook sottili, cioè tra i 10 e i 25 watt. È qui che i grafici di performance-per-watt raccontano un vantaggio chiaro e soprattutto costante, perché la curva della X2 Elite Extreme rimane più alta e più coerente rispetto alle soluzioni concorrenti. Non c’è il classico comportamento irregolare tipico di molte piattaforme x86, dove il sistema spinge forte per qualche secondo e poi cala bruscamente. Qui il comportamento è più lineare, più controllato, più prevedibile. La potenza scende quando deve scendere, ma non crolla, e questo si traduce in un flusso di lavoro più fluido, senza oscillazioni termiche o tagli improvvisi.
La parte forse più sorprendente riguarda la differenza, o meglio la quasi totale assenza di differenza, tra l’utilizzo in batteria e l’utilizzo con alimentatore collegato. È uno degli aspetti su cui Windows on Arm era già avanti, ma stavolta il risultato è ancora più netto: la piattaforma mantiene praticamente la stessa potenza, le stesse frequenze e lo stesso comportamento in entrambe le condizioni. Il drop è talmente contenuto da risultare irrilevante nei carichi reali. Un notebook con X2 Elite va forte sempre, indipendentemente dal cavo.
Therien ha insistito molto anche sulla capacità della piattaforma di adattarsi ai diversi fattori di forma senza forzature. Nei sistemi più sottili rimane sorprendentemente stabile, mentre nei design con dissipazioni più generose le frequenze restano alte per lunghi periodi senza che la temperatura diventi un fattore limitante. La X2 Elite Extreme, per esempio, ha mostrato una costanza superiore sia alla generazione precedente sia a ciò che ci si aspetterebbe in questa categoria di consumi. È un comportamento che non vuole puntare al record istantaneo, ma alla coerenza, ed è probabilmente questo l’aspetto che più distingue questa generazione.
Tra le novità concrete, e che avranno un impatto immediato sull’esperienza d’uso, c’è il fatto che tutti i notebook basati su X2 Elite supporteranno la ricarica rapida fino a 120 watt, senza richiedere adattamenti personalizzati da parte dei produttori. Significa che la ricarica veloce diventa una caratteristica nativa della piattaforma e che gli utenti potranno usare alimentatori USB-C PD ad alta potenza senza preoccuparsi di compatibilità o limitazioni.
Un altro dettaglio importante è la possibilità, finalmente, di monitorare la piattaforma tramite HWinfo, cosa che lo scorso anno non era possibile. Verranno esposti consumi, frequenze dei cluster, temperature interne del SoC, comportamento della NPU, dati sulla GPU e parametri energetici molto più precisi. Per chi deve analizzare con accuratezza il comportamento di un notebook, sarà un cambiamento enorme.
Le impressioni oltre i numeri: Qualcomm sta correndo
Dopo due giorni passati dentro i laboratori Qualcomm, l’impressione più forte non è legata a un grafico, a un benchmark o a una slide in particolare. È legata al modo in cui l’azienda sta approcciando questa seconda generazione di Windows on Arm, ed è una sensazione che ci ha accompagnato dall’ingresso nel primo laboratorio fino all’uscita dall’ultimo. Qualcomm sta correndo. Tanto. E lo sta facendo con un’attenzione quasi maniacale a ogni scenario d’uso, ogni periferica, ogni dettaglio che può incidere sulla percezione dell’utente finale.
Gli engineering sample che abbiamo provato non sono certo rappresentativi dei prodotti definitivi. I notebook veri arriveranno nella prima metà del 2026, con chassis dedicati, dissipazioni più curate, design maturi e configurazioni che si assesteranno quasi tutte entro i 40 watt complessivi, quindi perfette per i formati sottili e leggeri. Ma già da questi prototipi si intuisce un trend piuttosto chiaro: se i partner riusciranno a interpretare bene la piattaforma, i primi modelli commerciali potrebbero essere macchine davvero importanti in termini di equilibrio tra prestazioni, consumi ed esperienza.
Il giro nei laboratori è stato chiarificante. E non parlo solo di quelli che abbiamo potuto fotografare, con banchi di prova ordinati e strumenti ben visibili. Parlo soprattutto dei laboratori a cui non abbiamo potuto accedere con una fotocamera, dove si respirava un livello di ottimizzazione impressionante. C’erano test continui su periferiche di ogni tipo, scenari simulati di utilizzo quotidiano, stress test su software di terze parti, validazioni incrociate tra driver e componenti esterni, tutto pensato per un obiettivo molto chiaro: quando i notebook arriveranno sul mercato, devono funzionare senza sorprese.
È quasi curioso vedere quanto Qualcomm stia cercando di spezzare quella diffidenza che, per anni, ha accompagnato Windows on Arm. Una diffidenza che noi stessi abbiamo raccontato in molti video, soprattutto nei mesi immediatamente successivi al lancio della prima generazione con Snapdragon X Elite. Ma lo abbiamo raccontato anche quando, un anno dopo, quei problemi si erano già ridotti drasticamente, grazie a driver più maturi, a un Windows ottimizzato meglio e a un ecosistema che stava finalmente prendendo forma.
Quello che abbiamo visto in questo deep dive è l’evoluzione naturale di quel percorso. Tanto lavoro sotto la superficie, tantissima ricerca, test incessanti e una volontà evidente di rilasciare, questa volta, una piattaforma che non solo è veloce, non solo è efficiente, ma soprattutto è affidabile. Affidabile per davvero. È questo il punto: Qualcomm non vuole convincere soltanto con i numeri, vuole convincere con la sensazione che un notebook con Snapdragon X2 Elite sia uno strumento solido, pronto, capace di dare sicurezza all’utente.
Lo si è visto anche nella parte gaming, un aspetto che fino allo scorso anno sembrava più un limite che un’opportunità. Oggi la storia è diversa. Siamo ancora nella fase early, certo, ma vedere titoli come Cyberpunk 2077 stabilizzarsi intorno ai 50 FPS in Full HD medio, che diventano circa 77 FPS attivando l’FSR, è un cambio di prospettiva notevole. Non stiamo parlando di notebook da 150 watt, stiamo parlando di macchine sottili e portatili che possono comunque offrire un’esperienza di gioco più che piacevole. Il ray tracing è ancora un problema, su questo sono stati trasparenti: attivandolo la scena diventa uno slideshow, e stanno continuando a lavorarci. Ma per chi non è interessato al ray tracing, la piattaforma è già in grado di offrire una base di gaming sorprendentemente solida.
La sensazione che ci portiamo a casa è estremamente positiva. Non è comune che un’azienda apra così tanto i propri laboratori prima del lancio dei prodotti, mostrando non solo la tecnologia ma anche la cultura del lavoro che c’è dietro. Ed è ancora meno comune vedere un’azienda così concentrata sul voler rompere un preconcetto radicato nel mercato. Qualcomm sembra convinta di avere per le mani la piattaforma giusta e sta facendo di tutto per arrivare sul mercato con prodotti privi di difetti, o comunque quanto più vicini possibile a quel concetto.
Il vero potenziale è ancora nascosto
Dopo aver visto da vicino tutto quello che Snapdragon X2 Elite è in grado di fare, la sensazione è che il mercato Windows avesse davvero bisogno di una piattaforma così. È potente, è efficiente, è matura, ed è destinata a creare discussione per mesi. Però c’è una riflessione che, inevitabilmente, viene fuori guardando il quadro generale. Per quanto questa architettura sia affascinante, per quanto rappresenti un salto generazionale evidente, forse quello che manca davvero al mondo Windows non è un’altra piattaforma “da palco”, ma una piattaforma che possa scendere nella fascia dei 500–800 euro, quella in cui la maggior parte delle persone compra il proprio notebook.
In quella fascia oggi ci sono soluzioni Intel e AMD che funzionano, certo, ma che spesso arrivano con silicio meno selezionato, tecnologie non sempre aggiornate e compromessi che si vedono subito nell’uso quotidiano. È lì che si formano gran parte dei preconcetti su Windows ed è lì che un prodotto pensato bene potrebbe cambiare davvero le carte in tavola. Immaginare una versione “base” della piattaforma, uno Snapdragon X2 non-Elite, con la stessa filosofia di efficienza ma con costi più accessibili, potrebbe dare vita a una sorta di best buy universale per milioni di utenti che vogliono un PC affidabile, moderno, stabile e al passo coi tempi senza spendere troppo.
E forse la vera rivoluzione potrebbe partire proprio da qui. Non solo dalla capacità di mostrare i muscoli, ma da quella di portare questa esperienza nella fascia dove Windows vive ogni giorno. Perché se Qualcomm riuscirà a scalare questa tecnologia verso il basso con la stessa cura con cui l’ha portata al top, allora sì, potremmo essere davvero davanti all’inizio di un nuovo ciclo per tutto il mercato notebook.
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