Il fronte caldo dell’intelligenza artificiale generativa torna nuovamente al centro del dibattito e lo fa, come spesso accade negli ultimi mesi, attraverso uno scontro tra giganti del settore. Disney ha infatti inviato una lettera di diffida a Google, accusando l’azienda di Mountain View di utilizzare i propri modelli e servizi di IA per violazioni di copyright su larga scala, arrivando a sfruttare personaggi, immagini e proprietà intellettuali di alcuni dei franchise più iconici e redditizi dell’intrattenimento moderno.
Una mossa che arriva in un momento tutt’altro che casuale, poche ore prima Disney aveva ufficializzato un accordo con OpenAI per autorizzare l’uso dei suoi personaggi all’interno dei servizi della società guidata da Sam Altman; ed è proprio in questa sovrapposizione temporale che, secondo molti osservatori, si nasconde un messaggio chiaro: l’IA può essere un terreno di collaborazione, ma solo nel rispetto rigoroso del valore delle opere originali.
Secondo Disney Google avrebbe violato il copyright dell’azienda su larga scala
Secondo quanto riportato dagli avvocati di Jenner & Block che rappresentano Disney, Google avrebbe copiato un ampio corpus di opere protette da copyright per addestrare modelli come Veo, Imagen e Nano Banana, senza alcuna autorizzazione. Non solo, la lettera sostiene che i servizi IA di Google rendono possibile generare immagini e video che riproducono fedelmente personaggi di Star Wars, Marvel (Avengers, Spider-Man, Deadpool, Guardiani della Galassia), Pixar (Toy Story, Ratatouille, Monsters & Co., Inside Out), Classici Disney (Il Re Leone, La Sirenetta, Oceania, Ribelle) e i Simpson.
Il tutto tramite prompt testuali estremamente semplici, come dimostrato da diverse immagini incluse nella documentazione inviata a Google (tra cui la versione IA di Darth Vader che potete vedere in copertina, generata in pochi secondi).
Ancora più grave, secondo Disney, sarebbe il fatto che molte immagini risultino marchiate dal logo Gemini, insinuando erroneamente che l’utilizzo di tali contenuti sia autorizzato dall’azienda.

Google ha risposto con una dichiarazione dai toni concilianti, sottolineando come il rapporto con Disney sia di lunga data e reciprocamente vantaggioso; l’azienda ribadisce inoltre di:
- utilizzare dati pubblici del web aperto per sviluppare i propri modelli
- avere già introdotto strumenti avanzati di protezione del copyright, come Google-Extended e Content ID
- voler continuare a collaborare con Disney per gestire la situazione
Una linea difensiva ormai classica nel settore, molte aziende IA sostengono infatti che l’uso di materiale protetto da copyright per addestrare modelli rientri nel concetto di fair use, elemento che però rimane al centro di un acceso dibattito giudiziario in diversi Paesi.
Disney non è nuova a questo tipo di azioni, negli ultimi mesi aveva già inviato lettere simili a Meta e Character.AI, oltre a partecipare a una causa con NBCUniversal e Warner Bros. Discover contro Midjourney e Minimax. Una strategia che, come sempre, punta a stabilire un precedente legale forte prima che i sistemi di IA diventino interlocutori ancora più centrali nel panorama creativo e produttivo.
Anche il CEO Bob Iger, in un’intervista alla CNBC, ha ribadito la posizione della compagnia:
Beh, siamo stati aggressivi nel proteggere la nostra proprietà intellettuale e abbiamo perseguitato altre aziende che non hanno onorato la nostra proprietà intellettuale, non l’hanno rispettata, non l’hanno valorizzata. E questo è un altro esempio di come lo stiamo facendo. E alla fine, poiché non abbiamo fatto alcun progresso, le conversazioni non hanno prodotto risultati, abbiamo ritenuto di non avere altra scelta che inviare loro una lettera di diffida.
Nel documento, Disney richiede:
- l’immediata cessazione della copia, generazione e distribuzione di qualsiasi opera protetta da copyright Disney tramite i servizi IA di Google (incluso YouTube)
- l’implementazione di misure tecniche efficaci per garantire che nessun output futuro violi i loro diritti
- la divulgazione di quali opere Disney siano state utilizzate per addestrare i modelli
- lo stop immediato all’uso di tali opere nei processi di training
Una richiesta ampia e strutturata, che punta a bloccare non solo i contenuti generati, ma anche le basi stesse su cui i modelli sono stati sviluppati.
Disney ha inoltre accusato Google di aver alimentato indirettamente una recente tendenza virale su X, promossa dallo stesso Sundar Pichai, che invita gli utenti a generare statuine IA tramite un prompt consigliato; secondo Disney, la maggior parte degli utenti avrebbe immediatamente sfruttato la funzione per riprodurre i personaggi più noti, spesso proprio quelli dell’azienda. Una dinamica che mostra quanto sia facile far scivolare la discussione sulla proprietà intellettuale verso terreni difficili da controllare.
L’impressione, quasi ovvia, è che questa storia sia solo all’inizio; le frizioni tra industrie creative e colossi tecnologici stanno aumentando a ritmo sostenuto, e l’accordo con OpenAI indica chiaramente che Disney vuole posizionarsi dalla parte di chi punta a regolamentare in modo più rigido l’utilizzo dei dati creativi.
Gli utenti, dal canto loro, potrebbero vedere cambiamenti significativi nelle funzionalità di alcuni servizi Google nei prossimi mesi, soprattutto nelle funzioni di generazione di video e immagini.
Bisognerà attendere per capire se e come Google risponderà in modo più concreto alle richieste di Disney, e quali impatti questa disputa potrebbe avere sul panorama dell’intelligenza artificiale generativa nel 2026.
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