HUAWEI FreeBuds 7i sono esattamente quel tipo di prodotto che, a leggerne solo la scheda tecnica e il prezzo, ti fa alzare un sopracciglio: sotto i 100 euro, ma con ANC evoluta, audio spaziale con head tracking, codec LDAC, multipoint e una sfilza di funzioni “smart” che di solito si vedono su modelli molto più costosi. Sulla carta sembra quasi troppo bello per essere vero, e la domanda che nasce spontanea è: dove sta il compromesso?
Il bello è che, usandole giorno dopo giorno in contesti diversi, dalla metro al coworking, passando per il classico “casa‑ufficio”, ci si accorge che i compromessi ci sono, ma sono meno scontati di quanto ci si aspetterebbe su un prodotto sotto la tripla cifra. È una di quelle coppie di auricolari che non si limitano a “fare tutto”, ma cercano davvero di farlo con un filo di ambizione in più, soprattutto lato ANC e funzioni avanzate. Cerchiamo di capire meglio queste HUAWEI FreeBuds 7i nella nostra recensione.
Indice:
- Design e prime impressioni: minimaliste, ma non anonime
- Comfort e vestibilità: quella cosa invisibile che ti accorgi solo quando manca
- Esperienza software: AI Life è una lama a doppio taglio
- Controlli gestuali: tra completezza e false attivazioni
- ANC: Intelligent Dynamic ANC 4.0, finalmente “vera” anche sotto i 100€
- Qualità audio: un equilibrio pensato per tutti
- Audio spaziale e head tracking: la feature che non ti aspetti a questo prezzo
- Chiamate: qui il microfono osseo fa la differenza
- Autonomia: non è il problema, e questo è già tanto
- Prezzo e conclusioni: il classico “sweet spot” per chi non vuole buttare soldi
Design e prime impressioni: minimaliste, ma non anonime
Il primo contatto con le FreeBuds 7i è molto “Huawei style”: confezione essenziale, ma ordinata, con la custodia al centro della scena e i gommini di ricambio nascosti. La custodia è piccola, con quelle curve arrotondate che ormai sono diventate un marchio di fabbrica di molti TWS moderni. Qui, però, la finitura opaca fa subito la differenza: niente effetto lucido da plastica economica, niente impronte ovunque dopo due giorni, e un look che, soprattutto nella colorazione nera, resta sobrio e piuttosto elegante.

Non danno la sensazione “premium estrema” dei modelli top di gamma, di quelli che appena li tocchi ti ricordano quanto li hai pagati. Però si posizionano nettamente sopra la massa di auricolari entry‑level: il feedback tattile del case alla lunga è piacevole, il coperchio ha un’apertura pulita, la cerniera non scricchiola e la sensazione generale è di oggetto curato, non di compromesso tirato via.
La forma della custodia è di quelle che non ti fanno pensare troppo quando la infili in tasca: entra anche nelle tasche più piccole, non crea troppo spessore e non dà fastidio neanche parlando di jeans stretti. È il classico case che porti ovunque, e dopo qualche giorno ti accorgi che lo lanci nei vari zaini senza il minimo riguardo: non si è mai avuta l’impressione di fragilità strutturale.

Se poi si guarda agli auricolari in sé, il discorso continua sulla stessa linea: design molto pulito, stanghetta corta, peso contenuto. È evidente che Huawei non ha puntato su soluzioni estetiche particolarmente eccentriche: niente steli super sottili futuristici o forme strane, ma un design pensato per funzionare in qualunque contesto e su qualunque orecchio. La finitura opaca prosegue dagli auricolari alla custodia, contribuendo a dare un’impressione di coerenza visiva e limitando le inevitabili micro righe dell’uso quotidiano.
Se proprio bisogna muovere una critica, è che, se si viene da prodotti top come FreeBuds Pro o modelli premium di altri brand, il colpo d’occhio ti restituisce subito la percezione di “mid-range”: non c’è nulla che “gridi” lusso, e la plastica, per quanto ben gestita, è sempre plastica. Non è un problema in sé, anzi è normale per la fascia di prezzo, ma chi cerca quell’effetto “wow” ai primi 10 secondi forse resterà un filo freddo.
Comfort e vestibilità: quella cosa invisibile che ti accorgi solo quando manca
Il comfort è uno di quegli argomenti che ti rendi conto di dare per scontato finché non provi un paio di auricolari sbagliati per le tue orecchie. Nel caso delle FreeBuds 7i, la strategia di Huawei è semplice ma efficace: auricolari piccoli, relativamente leggeri, e ben quattro misure di gommini in confezione, compresa una XS che non tutti includono.

La scelta di mettere anche la taglia extra small sembra un dettaglio marginale sulla carta, ma nella pratica fa una differenza enorme: apre queste cuffie a un pubblico più ampio, soprattutto a chi ha canali uditivi stretti e di solito fatica a trovare auricolari che non cadano o non risultino fastidiosi dopo pochi minuti. La possibilità di fare il test di adattamento tramite app chiude il cerchio: il sistema riproduce un breve suono test e usa i microfoni per capire quanto bene il gommino scelto sigilla l’orecchio, dandoti un feedback chiaro. È una funzione che magari userai solo la prima volta, ma che fa capire che dietro c’è un lavoro pensato per andare oltre il “metti le cuffie e spera”.
Una volta trovato il gommino giusto, la vestibilità è stabile: le FreeBuds 7i non danno l’idea di voler scivolare fuori al primo movimento brusco. In un uso reale, camminata veloce, corse per prendere il treno, attività in palestra, non c’è particolare tendenza a muoversi o uscire dal canale, e la stanghetta corta aiuta a mantenere un buon baricentro, senza effetto “leva” che ti tira fuori il bud dal padiglione.

La cosa più interessante è che dopo un po’ di tempo quasi ci si dimentica di averle addosso. Non sono tra le più leggere in assoluto sul mercato, ma la combinazione di forma, angolazione del beccuccio e gommini a misura giusta fa sì che non creino quei fastidi tipici di alcuni in-ear economici, che dopo due ore ti costringono a toglierle per far respirare l’orecchio. Qui, anche sessioni lunghe di podcast o di lavoro al PC passano senza problemi particolari.
C’è un però: se sei molto sensibile alla sensazione di “tappo” nell’orecchio, il livello di isolamento passivo, abbinato alla cancellazione attiva, può risultare un filo invasivo nelle prime ore di utilizzo. Nulla di insopportabile, e anzi è esattamente quello che contribuisce all’efficacia complessiva dell’ANC, ma chi viene da auricolari semi in-ear potrebbe avvertire subito la differenza.

Esperienza software: AI Life è una lama a doppio taglio
Il cervello delle FreeBuds 7i è l’app AI Life. Senza, il prodotto funziona lo stesso: colleghi, ascolti, controlli base e via. Ma sarebbe un po’ come comprare uno smartwatch e usarlo solo per vedere l’ora: il grosso del valore aggiunto sta dietro l’interfaccia software. Dentro AI Life ci sono:
- la gestione della cancellazione del rumore (con vari livelli, fino all’ANC “Ultra”),
- l’equalizzatore a 10 bande con profili preimpostati,
- il test di adattamento dei gommini,
- la personalizzazione dei controlli gestuali,
- la gestione dell’audio spaziale e head tracking,
- il controllo del multipoint e delle sorgenti preferite.
La sensazione è quella di un vero pannello di controllo avanzato, non del solito menu “finto-pro” che trovi su tanti prodotti cinesi dove puoi toccare due impostazioni in croce. Qui, se ti piace smanettare, puoi davvero cucirti l’esperienza su misura: dallo swipe per il volume al doppio tocco per il cambio traccia o per l’ANC, fino ai profili audio preconfigurati (Bass boost, Treble boost, Voices, Symphony, ecc.).
















La controparte della medaglia è che AI Life non è esattamente l’app più immediata del mondo per chi non è pratico. Non è caotica, ma è “piena”: icone, opzioni, dettagli tecnici, descrizioni. Un utente molto basic potrebbe perdersi un po’ nelle prime ore e limitarsi a usare solo le funzioni di base. È il tipico caso in cui il prodotto ha tanto potenziale nascosto, ma serve un minimo di tempo e di voglia per tirarlo fuori completamente.
La reattività, però, è buona: le modifiche ai controlli gestuali vengono recepite subito, i cambi di modalità ANC hanno un feedback chiaro e rapido, e gli aggiornamenti firmware – quando disponibili – si installano senza drammi. Da questo punto di vista, la maturità dell’ecosistema Huawei si sente.
Controlli gestuali: tra completezza e false attivazioni
Uno dei punti dove le FreeBuds 7i vogliono giocare “da grandi” è la gestione dei controlli via stelo. Qui non ci sono solo tap essenziali, ma tutta una serie di gesture:
- doppio e triplo tocco per play/pausa, cambio traccia, gestione chiamate,
- pressioni prolungate per cambiare modalità ANC,
- swipe su e giù per alzare o abbassare il volume,
- e poi la chicca del controllo delle chiamate con i movimenti della testa (si annuisce per rispondere, si scuote per rifiutare).
Nel quotidiano, la gesture di swipe per il volume è forse quella che si apprezza di più: evitare di prendere in mano il telefono solo per alzare o abbassare di un paio di tacche fa la differenza, soprattutto in movimento. Lo swipe viene riconosciuto in modo abbastanza preciso, a patto di prenderci un minimo la mano nei primi giorni.
Anche i tap e le pressioni prolungate funzionano bene, ma qui emerge uno dei primi compromessi: ogni tanto, soprattutto quando si sistema l’auricolare in orecchio, qualche tocco di troppo viene interpretato come comando. Nulla di drammatico, ma non è raro mettere la mano all’orecchio solo per aggiustare la posizione e ritrovarsi a cambiare traccia o a switchare modalità ANC.










































I controlli con la testa, invece, sono una tipica funzione “wow” che però userai poche volte nella vita. È una di quelle cose che fa scena quando la racconti (“guarda, rispondo a una chiamata solo annuendo”), è realmente utile se hai le mani occupate, ma non diventa mai il gesto principale di interazione. Resta comunque notevole vedere una feature del genere su auricolari sotto gli 80 euro.
Nel complesso, comunque, il bilancio è positivo: la possibilità di ridistribuire le funzioni tra i vari gesture è preziosa, e il fatto di poter gestire praticamente tutto dall’orecchio riduce tantissimo la dipendenza dallo smartphone, soprattutto in contesti come palestra, corsa o spostamenti su mezzi pubblici.
ANC: Intelligent Dynamic ANC 4.0, finalmente “vera” anche sotto i 100€
La cancellazione attiva del rumore è il punto dove le FreeBuds 7i cercano decisamente di alzare la voce. Huawei parla di Intelligent Dynamic ANC 4.0, microfoni multipli (due esterni e uno interno per auricolare), presa d’aria ingegnerizzata per gestire meglio la pressione sonora e una profondità media di cancellazione di circa 28 dB. Numeri che, da soli, dicono relativamente poco: la vera domanda è sempre “come va nella vita reale?”.
In metro, autobus o treno, la risposta è: sorprendentemente bene, soprattutto se si pensa al prezzo. I rumori di fondo continuativi – motore, rotolamento sui binari, brusio generale – vengono attenuati in maniera molto efficace. Questo permette due cose fondamentali: tenere il volume della musica più basso e quindi stancare meno l’orecchio sul lungo periodo. Le voci singole, gli annunci al microfono, i rumori improvvisi non spariscono del tutto, ma vengono attenuati e spostati in secondo piano. Non si ha mai l’impressione di “silenzio assoluto”, come nei prodotti top con ANC più aggressivo, ma per la fascia di prezzo il risultato è decisamente sopra la media.


Molto interessante è il comportamento dinamico: le FreeBuds 7i non si limitano a “accendere” l’ANC e basta, ma reagiscono all’ambiente e a come le indossi. Indossando un solo auricolare, ad esempio, si attiva automaticamente una modalità tipo “aware” (trasparenza), così da permettere di continuare a sentire bene l’ambiente, molto comoda in ufficio o mentre si fa altro. Non appena indossi entrambi, il sistema interpreta la situazione come richiesta di isolamento e abilita l’ANC. È una logica d’uso intuitiva, quasi “impalpabile” ma che nel lungo periodo rende l’esperienza più fluida.
Il limite emerge in ambienti estremi, tipo lavori vicino a cantieri rumorosi o mezzi con rumore molto vario e imprevedibile: in questi casi si sente che l’algoritmo, pur buono, non ha la stessa “presa” dei best del settore. Ma sarebbe onestamente ingiusto pretendere lo stesso comportamento da un prodotto che costa la metà (o meno) rispetto ai concorrenti di fascia alta.
Accanto all’ANC c’è naturalmente la modalità trasparenza, che qui viene chiamata (a seconda delle traduzioni e dell’app) Aware o simili. Non è perfetta, ma è comoda: permette di sentire l’ambiente esterno in modo abbastanza naturale, pur mantenendo in sottofondo la musica o il contenuto che stai riproducendo. Non è al livello delle soluzioni migliori sul mercato, che ormai sono in grado di far sembrare di non avere nulla nelle orecchie quando attivi la trasparenza, ma resta convincente. La cosa interessante è che, insieme alla gestione automatica quando indossi un solo auricolare, la trasparenza qui non è un +1 di marketing, ma una modalità che effettivamente ti ritrovi a usare spesso, e che entra abbastanza spontaneamente nel flusso d’uso quotidiano.
Qualità audio: un equilibrio pensato per tutti
L’impostazione sonora delle FreeBuds 7i è chiaramente pensata per il grande pubblico: driver da 11 mm con quattro magneti, equalizzazione neutra di base e possibilità di modellare il suono a piacimento tramite EQ. Di default, il suono è abbastanza caldo da rendere gradevoli pop, elettronica e urban, sufficientemente neutro da non demolire generi come jazz, acustica o classica, privo di picchi fastidiosi, cosa non scontata con molti prodotti economici.
I bassi sono presenti, ma non invadenti: non c’è quel “booom” costante che a lungo andare stanca, e questo è un bene. Se ti piace una risposta più corposa puoi ricorrere al profilo Bass boost o ritoccare manualmente le bande più basse nell’EQ. Le medie sono piacevoli, con le voci ben intelligibili e abbastanza in primo piano, anche se non hanno la stessa definizione e micro-dettaglio di TWS di fascia più alta. Gli alti sono puliti, non taglienti, ma un filo conservativi: difficilmente ti troverai a dire “che brillantezza”, ma nemmeno a percepire un suono cupo e ovattato. È un tuning prudentemente equilibrato.

In pratica: per il target di chi ascolta Spotify, YouTube Music, podcast e un po’ di tutto, va più che bene. Chi cerca un’esperienza realmente audiofila probabilmente storcerà un po’ il naso di fronte alla scena sonora non vastissima e alla dinamica che, pur buona, non fa gridare al miracolo. Ma, ancora una volta, bisogna sempre tenere un occhio anche sul prezzo.
Lato codec, poi, c’è l’asso LDAC. Con un dispositivo Android compatibile e attivando la modalità “priorità qualità audio”, le FreeBuds 7i riescono a tirare fuori qualcosina in più in termini di dettaglio e separazione rispetto al classico SBC/AAC. Non è una rivoluzione, ma sulle tracce in alta qualità si percepisce un beneficio. Va detto però che, usando LDAC alla massima qualità, la connessione diventa naturalmente più sensibile, soprattutto in ambienti radio affollati: è il solito trade-off tra qualità e stabilità.
Audio spaziale e head tracking: la feature che non ti aspetti a questo prezzo
Uno degli aspetti più “giocattolosi”, nel senso positivo del termine, di queste FreeBuds 7i è l’audio spaziale con tracciamento dei movimenti della testa. Qui non stiamo parlando di soluzioni chiuse dentro ecosistemi specifici, ma di un sistema pensato per funzionare con qualsiasi contenuto: film, serie, video YouTube, musica. Ci sono due modalità:
- modalità fissa, dove il campo sonoro è semplicemente più ampio e tridimensionale,
- modalità con head tracking, in cui il suono si sposta in base a dove muovi la testa, creando una sensazione più immersiva.
Nella pratica, guardare un film o una serie con l’audio spaziale attivo è effettivamente più coinvolgente, soprattutto con contenuti ricchi di effetti ambientali. Non è un livello cinematografico assoluto, e non ci si può aspettare la stessa calibrazione di sistemi di fascia alta, ma per un paio di auricolari sotto i 100 euro è un valore aggiunto reale, non una pura trovata marketing. Va detto, però, che non tutti ameranno questo effetto per l’ascolto quotidiano di musica: in certi brani, l’intervento spaziale può risultare un po’ artificiale, soprattutto se si è abituati a un ascolto stereo tradizionale. È però una di quelle funzioni che fa piacere avere, per poi decidere caso per caso quando attivarla.
Chiamate: qui il microfono osseo fa la differenza
Spesso, nella fascia sotto i 100 euro, il comparto microfonico è esattamente il punto dove iniziano i compromessi più grossi. Le FreeBuds 7i, invece, qui fanno un salto di qualità non banale. L’architettura a bordo prevede tre microfoni ad alta sensibilità per auricolare, un sensore a conduzione ossea che aiuta a separare la voce dal rumore, un algoritmo di intelligenza artificiale che si occupa di pulire il segnale vocale fino a circa 90 dB di rumore ambientale.
Tradotto in pratica: in ambienti moderatamente rumorosi (strada trafficata, bar con sottofondo, ufficio open space) l’interlocutore sente una voce chiara, centrata, e il rumore di fondo viene spinto abbastanza indietro. È una di quelle esperienze che, dopo alcune chiamate, ti fa dimenticare che stai parlando con degli auricolari e non con il telefono all’orecchio.
In contesti più estremi (vento forte, rumori molto ravvicinati o variabili) l’algoritmo si fa più aggressivo e ogni tanto “mangia” una parte delle consonanti, con una leggera sensazione di voce filtrata / quasi robotica. Non è qualcosa che rovina la comunicazione, ma un compromesso inevitabile quando si cerca di tenere bassa la soglia del rumore percepito da chi ascolta.
Il bilancio rimane comunque molto positivo: per videoconferenze, telefonate in città, piccoli meeting improvvisati, le FreeBuds 7i sono assolutamente all’altezza.
Autonomia: non è il problema, e questo è già tanto
L’autonomia degli auricolari TWS è un tema che, negli ultimi anni, è un po’ cambiato: siamo passati dall’ansia costante a una situazione in cui, su molti modelli, la batteria è semplicemente una non-issue. Le FreeBuds 7i rientrano in questa seconda categoria. Sulla carta i numeri parlano di:
- fino a 8 ore di ascolto con ANC disattivo,
- circa 5 ore con ANC attivo,
- fino a 35 ore complessive con case,
- circa 20 ore totali realistiche con ANC sempre presente nel mix
In un uso misto realistico, un po’ di ANC sui mezzi, ascolto normale in ufficio, chiamate in mezzo, si finisce per ricaricare il case ogni 2 o 3 giorni, non ogni sera. È quel tipo di autonomia non esagerata ma che ti permette di non pensare troppo alla batteria: fai la tua vita, quando vedi le tacche scendere sotto un certo livello le butti in carica per un po’ e si riparte.

La ricarica rapida è la solita feature che ti salva nei momenti critici: 10 minuti nella custodia e hai diverse ore di ascolto disponibili. Chi ne fa un uso intensivo apprezza molto questo dettaglio: basta ricordarsi di metterle in carica mentre ti prepari per uscire e sei coperto per il resto del pomeriggio o della serata.
L’unica mancanza vera, qui, è la ricarica wireless della custodia: in un mondo in cui sempre più smartphone, smartwatch e auricolari appoggiano su una basetta e via, è una assenza che si nota, soprattutto per chi ha già un piccolo ecosistema a casa. Non è un deal-breaker, ma avrebbe completato un quadro già molto solido.
Prezzo e conclusioni: il classico “sweet spot” per chi non vuole buttare soldi
Il prezzo ufficiale delle HUAWEI FreeBuds 7i è di 99 euro, ma non è raro vederle scontate online come in questi giorni di Black Friday che hanno raggiunto appena i 72 euro. Questo le colloca in una fascia estremamente affollata, dove convivono tantissimi modelli economici sui 30–40 euro e i primi “seri” con ANC e funzioni avanzate, spesso attorno ai 70–120 euro.
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Ed è proprio qui che le FreeBuds 7i provano a ritagliarsi una posizione particolare: offrire alcune caratteristiche tipiche dei modelli premium (ANC convincente, audio spaziale, LDAC, multipoint, controllo evoluto via app, buone chiamate) restando però sotto quella soglia psicologica dei 100 euro che tanti utenti non vogliono superare per degli auricolari. Rispetto ai prodotti molto economici da 30–40 euro, il salto è evidente: sia per qualità di costruzione, sia per stabilità software, sia per efficacia dell’ANC e pulizia dell’audio. Si sente proprio che appartengono a una categoria diversa.
Rispetto ai top da 200 euro e oltre, ovviamente, non possono fare tutto allo stesso livello: la scena sonora, la raffinatezza timbrica, la qualità estrema dell’ANC e certe finezze di costruzione restano prerogativa dei segmenti superiori. Ma quello che colpisce è che, in molte situazioni reali, la distanza percepita non è così abissale quanto farebbero pensare i listini.
Pro:
- Cancellazione attiva del rumore efficace
- Audio bilanciato e personalizzabile con EQ e LDAC
- Autonomia lunga con ricarica rapida
- Ottima qualità delle chiamate
- Funzioni smart avanzate
Contro:
- Materiali e sensazione al tatto di fascia media
- Head tracking non sempre fluido e preciso
- Custodia senza impermeabilizzazione
- Niente ricarica wireless
- Controlli touch a volte soggetti a falsi tocchi involontari
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