Lo scorso 30 gennaio, a pochi giorni di distanza dalle perplessità sui rischi per i dati degli utenti italiani di DeepSeek, il Garante per la protezione dei dati personali decise di bloccare la nuova intelligenza artificiale cinese che nelle prime settimane dell’anno stupì il mondo intero per le sue capacità, causando anche vari crolli dei valori azionari di diverse aziende, NVIDIA compresa.
Nonostante la rimozione dal Google Play Store e dall’App Store di Apple delle app di DeepSeek, rimozione tra l’altro volontaria da parte delle società fornitrici di DeepSeek, a quel blocco non è seguito un oscuramento del servizio, che risulta ancora oggi raggiungibile e utilizzabile dall’Italia all’indirizzo www.deepseek.com. Di qui, una lettera del Garante che chiede tacitamente aiuto ai provider italiani per bloccare DeepSeek.
Obiettivo: oscurare DeepSeek in Italia per davvero
“Il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, in via d’urgenza e con effetto immediato, la limitazione del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e di Beijing DeepSeek Artificial Intelligence, le società cinesi che forniscono il servizio di chatbot DeepSeek”. È quanto riporta il comunicato stampa del Garante della privacy del 30 gennaio scorso, a cui non ha tuttavia fatto seguito un adeguamento alle relative disposizioni.
Nel testo del provvedimento si legge infatti che la limitazione del trattamento dei dati personali che si trovano nel territorio italiano avrebbe dovuto essere definitiva e con effetto immediato, che vuol dire non permettere alle società fornitrice di DeepSeek di fornire alcun servizio del loro prodotto che coinvolga i dati degli utenti italiani, cosa che invece continua a offrire tramite il relativo sito web.
Non c’è stato nessun oscuramento dunque, il che rappresenta un illecito, ha sottolineato il Garante della privacy italiano, e quindi una violazione ai sensi del GDPR (il regolamento europeo per la protezione dei dati personali), Garante che non potendo fare altro ha denunciato la questione in una lettera ai provider dei servizi internet, chiamati velatamente a intervenire.

Non c’è alcuna richiesta esplicita di intervento ai provider, ma parole che mettono in luce una situazione irrisolta, una segnalazione diretta a chi potrebbe fare qualcosa per far sì che le società che forniscono DeepSeek si adeguino alle disposizioni del Garante della privacy italiano, oppure facendo in modo che il sito web del chatbot venga direttamente oscurato.
“L’abbiamo letta con attenzione, ma va detto che pare si tratti di un invito generico, non di un atto prescrittivo. Non c’è un ordine, né una richiesta formalmente fondata su una base giuridica chiara che possa essere attuata dagli Internet provider. Come AIIP crediamo che il rispetto delle norme sia fondamentale, ma proprio per questo riteniamo che i provider possano agire solo in presenza di provvedimenti espliciti, adottati da autorità competenti e con tutti i requisiti richiesti dalla legge. In questo caso, invece, il messaggio del Garante appare più come una segnalazione che come una direttiva. Siamo ovviamente disponibili al dialogo, ma servono regole chiare e procedure trasparenti se si vuole coinvolgere la rete degli operatori in attività che hanno effetti concreti sulla libertà di accesso ad Internet” ha detto a Wired Giovanni Zorzoni, il presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP).
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