Vi avevamo già parlato dell’intenzione della Russia di intentare una causa penale nei confronti di Meta, accusata dal governo locale di attività estremiste, nonché di incitazione alla violenza e all’omicidio nei confronti dei cittadini russi. Il tribunale distrettuale di Tverskoi ha ritenuto Meta colpevole delle accuse ascritte, in realtà Facebook e Instagram erano già stati bannati a inizio mese ma, stranamente, la stessa sorte non è toccata ad un altro servizio dell’azienda, WhatsApp.

Secondo quanto riporta un rapporto di Reuters infatti, la popolare app di messaggistica istantanea è stata risparmiata nella sentenza di cui sopra, in quanto “la decisione non si applica alle attività del messenger WhatsApp di Meta, a causa della sua mancanza di funzionalità per la diffusione pubblica delle informazioni“; l’applicazione è dunque libera di operare nel paese.

Tralasciando l’evidente poca coerenza del governo russo, una delle spiegazioni più plausibili e interessanti date alla vicenda, vorrebbe il Cremlino preoccupato di un’eventuale sconvolgimento della vita quotidiana dei cittadini russi, già costretti ad avere a che fare con sanzioni e carenze, a causa delle decisioni e delle azioni del presidente Putin. WhatsApp è a conti fatti uno dei pochi servizi occidentali sopravvissuti in Russia negli ultimi tempi, nonché uno dei più popolari visto che a gennaio 2022 poteva contare su 84 milioni di utenti mensili; non è dunque così strano che il governo tenti di fare una distinzione usando la scusa del non utilizzo per la diffusione di notizie false (cosa invece accaduta per Facebook e Instagram).

Un altro aspetto da tenere in considerazione è che non vi sia una reale alternativa nazionale a WhatsApp, l’applicazione è utilizzata da gran parte dei cittadini russi per mantenersi in contatto tra loro, un po’ come facciamo noi e altri nel resto del mondo; l’unica alternativa di spessore sarebbe rappresentata da Telegram a cui però, visti i trascorsi non troppo felici e il tentativo (non riuscito) di bloccare l’app, certamente il Cremlino non ha intenzione di appoggiarsi per sostituire l’app di messaggistica di Meta.

Un trattamento simile è stato riservato anche ad un altro servizio molto popolare nel paese, YouTube, il quale è ancora operativo in Russia, stando a quanto riporta Leonid Volkov, cofondatore del gruppo per i diritti digitali Internet Protection Society, “nonostante il fatto che YouTube stia violando ogni possibile regolamentazione su Internet in Russia, non è bloccato e non verrà bloccato, perché il pubblico è troppo vasto“; anche il servizio di Google può contare sull’assenza di un’alternativa a livello locale, infatti nonostante il governo russo abbia creato RuTube, questo servizio ha una quota di mercato praticamente inesistente.

Vedremo se con il passare del tempo, anche i pochi servizi sopravvissuti subiranno la stessa fine di tutti gli altri, anche perché sembra che il Cremlino abbia dato mandato alla società russa VK Group, di resuscitare un servizio precedentemente censurato, ICQ, celebre servizio di messaggistica istantanea in voga negli anni 90-2000; questo paleserebbe il tentativo del governo russo di sostituire ogni servizio di social media o messaggistica, proveniente principalmente dagli Stati Uniti, con una propria versione controllata.