Cosa succede quando un algoritmo diventa il tuo collega? O peggio, il tuo supervisore? Nell’era dell’intelligenza artificiale, il lavoro umano sta cambiando forma, ritmo e significato. Non si tratta più soltanto di automazione meccanica, ma di una trasformazione molto più profonda, che investe le decisioni, le relazioni e perfino la percezione della produttività.

Oggi, le AI sono integrate in numerosi aspetti della vita lavorativa: dalle selezioni del personale alla valutazione delle performance, dalla gestione logistica alla creazione di contenuti. E spesso lo fanno in silenzio, senza che i lavoratori sappiano davvero che a decidere, o almeno a suggerire, è una macchina.

L’algoritmo che controlla i tempi

Nel settore della logistica, ad esempio, i sistemi di monitoraggio predittivo ottimizzano i tempi di consegna. Grazie all’analisi in tempo reale, l’intelligenza artificiale può assegnare le rotte più efficienti, ridurre i tempi morti, stimare le richieste.

Ma c’è un prezzo: i lavoratori, spesso sottoposti a ritmi imposti da algoritmi, lamentano condizioni fisiche e psicologiche insostenibili. Si tratta del fenomeno noto come algorithmic management, in cui il software assume il ruolo di supervisore.

Non è solo questione di efficienza. È una questione di potere, di asimmetria, di controllo invisibile. Un sistema che calcola il tempo ideale di sosta, la velocità media, l’errore tollerabile, può trasformare un lavoratore in una mera variabile di ottimizzazione.

Automazione discreta (e discrezionale)

Anche in settori meno “fisici”, come l’amministrazione, l’uso dell’AI si sta espandendo. I software intelligenti si occupano di processare dati, redigere documenti, gestire flussi informativi complessi. In molti casi, ciò consente di liberare tempo per attività a maggiore valore aggiunto.

Ma non è tutto oro. Sempre più spesso, questi stessi sistemi vengono impiegati per valutare i lavoratori: assegnano bonus, decidono chi merita un riconoscimento o chi dovrebbe essere richiamato. Queste decisioni, prese sulla base di modelli predittivi, rischiano di essere opache, arbitrarie e non contestabili. L’automazione diventa discrezionale, e questo mina i principi basilari del lavoro equo e trasparente.

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Quando l’AI entra nella creatività: collaborazione o sorveglianza?

Robot AI in ufficio: alleati o rivali? Il vero volto dell’intelligenza artificiale sul lavoro 10

Il mondo della creatività digitale – grafica, scrittura, musica – è un altro campo attraversato da ambivalenze. I modelli generativi come ChatGPT sono sempre più sofisticati: bastano poche istruzioni per generare un articolo, una campagna pubblicitaria, una melodia.

Questo offre opportunità straordinarie in termini di produttività, accessibilità, sperimentazione. Ma solleva anche interrogativi profondi: chi è l’autore? Cosa distingue la creatività umana da quella algoritmica? Chi viene sostituito, e con quali garanzie? Molti lavoratori del settore esprimono timori fondati: che l’AI diventi non uno strumento di supporto, ma un concorrente diretto, spesso più veloce, più economico e, almeno in apparenza, privo di errori.

La domanda fondamentale, allora, non è solo cosa può fare l’intelligenza artificiale. Ma come lo fa, con chi, e secondo quali criteri. Senza una progettazione attenta e partecipata, queste tecnologie rischiano di diventare strumenti di controllo piuttosto che di supporto.

L’AI può raccogliere dati biometrici, monitorare attività, tracciare comportamenti, elaborare report su prestazioni lavorative. Ma chi decide cosa viene monitorato? Con quale scopo? E chi ha il diritto di accedere a quei dati? Senza regole chiare, la collaborazione può facilmente trasformarsi in sorveglianza, compromettendo la fiducia e la dignità delle persone coinvolte.

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L’altra faccia dell’AI: opportunità, inclusione e governance

Eppure, non tutto è distopico. Se usata con intelligenza sociale e progettazione etica, l’intelligenza artificiale può migliorare concretamente la qualità del lavoro.

Uno degli ambiti più promettenti è l’upskilling, ovvero la possibilità di apprendere nuove abilità tramite percorsi personalizzati di formazione continua. Le piattaforme AI possono adattare i contenuti formativi al profilo del singolo utente, suggerire moduli coerenti con le esigenze del mercato, monitorare i progressi. Inoltre, l’AI può supportare l’inclusione lavorativa, rendendo accessibili professioni prima precluse a persone con disabilità, facilitando la comunicazione in ambienti multilingue o supportando la collaborazione tra team distribuiti geograficamente. In ambito sanitario, ad esempio, può ridurre gli errori diagnostici, assistere nella gestione dei pazienti, ottimizzare le risorse.

Alla fine, tutto ruota attorno alla governance. Senza un quadro regolatorio solido e condiviso, l’adozione dell’AI nel mondo del lavoro rischia di accentuare disuguaglianze, precarietà, opacità.

Robot AI in ufficio: alleati o rivali? Il vero volto dell’intelligenza artificiale sul lavoro 11

Serve una governance politica – che legiferi in modo chiaro – ma anche culturale: dobbiamo sapere come funziona ciò che ci guida, pretendere trasparenza, partecipare alla definizione delle regole del gioco. Serve una progettazione che metta al centro la dignità del lavoro e che costruisca strumenti cooperativi, non competitivi. In cui la tecnologia non sostituisce l’umano, ma lo amplifica; non lo sorveglia, ma lo assiste; non lo normalizza, ma ne valorizza l’unicità.

Nel futuro prossimo, che è già iniziato, lavorare con l’intelligenza artificiale sarà la norma. La vera domanda, allora, non è quali mansioni automatizzare, ma quali vogliamo proteggere, potenziare, umanizzare. Non è una questione tecnica, ma politica. Perché il lavoro, prima di essere una funzione produttiva, è un’esperienza umana. E come tale, merita rispetto, tutela, visione.

AI, etica e futuro digitale: una rubrica di Giovanni Di Trapani

L’intelligenza artificiale è ormai ovunque: nei motori di ricerca, nei social, nei software che usiamo per lavorare, curarci, decidere. Ma siamo davvero pronti a convivere con algoritmi che imparano, decidono, ci osservano?

Questa rubrica nasce per esplorare, con uno sguardo critico e accessibile, le sfide etiche e sociali dell’AI: dalle discriminazioni nei dati al lavoro che cambia, dalla creatività generativa alla privacy, fino al ruolo dell’umano in un mondo sempre più automatizzato.
Ogni settimana, un breve approfondimento per capire meglio cosa c’è dietro la tecnologia che ci cambia. E per iniziare a domandarci, tutti: dove vogliamo andare?

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Giovanni Di Trapani, ricercatore del CNR, economista, statitstico ed autore. Si occupa di innovazione, governance pubblica e futuro digitale. Gestisce il sito AIgnosi.it