Dopo mesi di rincari sul fronte delle memorie RAM, il mercato dell’hardware si prepara a un nuovo scossone: a partire da gennaio inizieranno gli aumenti di prezzo anche per gli SSD, con effetti che potrebbero farsi sentire in modo particolarmente marcato sui dischi NVMe consumer e sugli SSD esterni USB. Una dinamica che, secondo quanto emerge, non solo è ormai inevitabile, ma rischia di protrarsi almeno fino ai primi mesi del 2027.
Chi stava valutando l’acquisto di un nuovo SSD dunque, farebbe bene a muoversi in fretta, perché la combinazione tra rialzi dei listini e carenza di prodotto potrebbe ricalcare quanto già visto di recente con le memorie RAM.
Aumenti fino al 35% e carenza di prodotto in arrivo per gli SSD
Secondo le informazioni raccolte dai colleghi di dday, alcuni produttori hanno già comunicato aumenti dei listini intorno al 35%, con una disponibilità sempre più limitata di determinate tipologie di SSD; in particolare, a preoccupare è la situazione dei dischi esterni USB e dei modelli NVMe meno recenti, che potrebbero diventare difficili da reperire già nei primi mesi del 2026.
La carenza di prodotto potrebbe durare a lungo e innescare fenomeni di speculazione, molto simili a quelli osservati nel mercato delle RAM, con prezzi gonfiati e stock contingentati.
Sebbene possa sembrare che la crisi di RAM e SSD abbia un’origine comune, la realtà è più complessa; il legame esiste ed è rappresentato dalla domanda enorme di componenti per i data center dedicati all’intelligenza artificiale, ma le filiere produttive sono differenti.
Le fabbriche che producono DRAM (usata per le RAM) e quelle che producono NAND (alla base degli SSD) sono linee separate, anche quando fanno capo allo stesso produttore. Samsung, per esempio, dispone di impianti distinti per DRAM e NAND, una linea non può essere riconvertita all’altra senza investimenti enormi.
Se nel caso delle RAM il problema è legato alla scelta dei produttori di puntare sulle più redditizie HBM (High Bandwidth Memory), nel mondo degli SSD la questione è un’altra, l’adozione sempre più massiccia di SSD NVMe enterprise nei data center.
I grandi produttori di NAND stanno ormai concentrando tutte le risorse sulle memorie di ultima generazione, caratterizzate da un numero sempre più elevato di strati. Prendendo ancora Samsung come esempio, l’evoluzione della V-NAND è piuttosto chiara: le memorie a 133 layer, utilizzate sui modelli come il 990 EVO, sono tecnologie mature e ben collaudate, ma con una densità inferiore e un’efficienza energetica meno adatta agli ambienti enterprise; il salto a 176 layer, visto su SSD come il 990 Pro, ha rappresentato per anni il punto di equilibrio tra prestazioni, costi ed efficienza.
Il vero cambio di paradigma però, è arrivato con le memorie a 236 layer: maggiore densità di die, resa per wafer nettamente superiore e la possibilità di realizzare SSD da 30 o 60 TB o più usando meno chip, con vantaggi evidenti in termini di consumi, calore e complessità progettuale. Per i data center, dove contano densità per rack ed efficienza energetica, questa è diventata la scelta naturale.
Proprio per questo motivo, i produttori hanno riconvertito quasi tutte le linee produttive verso NAND da oltre 200 layer, riducendo drasticamente la produzione delle tecnologie precedenti; il risultato è che gli SSD basati su memorie meno recenti arriveranno sul mercato con il contagocce.
A farne maggiormente le spese saranno gli SSD esterni USB-C, che tradizionalmente utilizzano memorie più mature e meno costose. Nel corso del 2026, per diversi mesi, la quantità di dischi esterni disponibili potrebbe essere inferiore a quella che una grande catena di elettronica vende normalmente in un solo mese.
Situazione simile per gli SSD NVMe che utilizzano NAND sotto i 200 layer, qualche linea produttiva esiste ancora, ma non sarà sufficiente a soddisfare la domanda.
Non tutto il mercato però è destinato a soffrire allo stesso modo, gli SSD che adottano memorie a 236 layer, come il Samsung 9100 Pro e modelli analoghi, continueranno ad essere disponibili anche nel mercato consumer; nonostante la forte crescita da parte dei data center, questi prodotti (già posizionati su fasce di prezzo più elevate) non dovrebbero subire aumenti sensibili.
In sintesi, il quadro è piuttosto chiaro: chi punta a SSD esterni o NVMe di generazione precedente dovrebbe probabilmente acquistare il prima possibile, chi invece guarda ai modelli più recenti con NAND oltre i 200 layer potrebbe non subire rincari immediati, ma dovrà comunque fare i conti con prezzi già elevati.
Come spesso accade, il mercato consumer finisce per pagare le scelte industriali dettate dall’enterprise e dall’IA. Per il momento, gli utenti possono solo prendere atto della situazione e valutare se anticipare l’acquisto prima che, a gennaio, i rincari diventino una realtà concreta.
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