Il confronto tra Apple e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti si fa sempre più acceso, dopo mesi di accuse formali di comportamento anticoncorrenziale, la casa di Cupertino ha finalmente rotto il silenzio con una risposta ufficiale lunga e dettagliata; il messaggio è chiaro, il DOJ sbaglia, e Apple è pronta a dimostrarlo, punto per punto.
Apple ribatte punto su punto alle accuse del Dipartimento di Giustizia statunitense
Nel documento depositato presso la corte, Apple risponde a tutti i 236 paragrafi dell’accusa, ogni punto viene contestato, spiegato, oppure nei casi più tecnici rigettato come conclusione legale che non richiede risposta; l’obbiettivo di Apple è evidente, smontare pezzo dopo pezzo la narrazione secondo cui l’ecosistema iOS sarebbe un giardino recintato progettato per escludere la concorrenza.
Secondo Apple, la causa rappresenta una minaccia ai principi stessi che rendono l’iPhone diverso in un mercato fortemente competitivo, dietro le accuse, secondo l’azienda, ci sarebbero solo pochi grandi sviluppatori terzi desiderosi di trarre vantaggio dal lavoro di Apple senza rispettare le sue regole.
Il Dipartimento di Giustizia ha fondato la sua causa su cinque punti principali, tutti prontamente contestati da Apple:
- super app -> secondo l’accusa Apple ostacolerebbe la nascita di super app in stile WeChat, l’azienda replica che il suo App Store già supporta app avanzate con molteplici funzionalità e che nessuno è bloccato dal creare nuove esperienze
- streaming di giochi -> il DOJ accusa Apple di limitare lo streaming cloud, ma Cupertino ricorda che lo straeming di giochi è già possibile, sia tramite app dedicate, sia via browser
- messaggistica di terze parti -> Apple viene accusata di ostacolare i rivali di iMessage, ma i numeri dicono altro, app come WhatsApp, Telegram e Messenger dominano anche su iPhone
- smartwatch di terze parti -> l’azienda è accusata di penalizzare i wearable concorrenti, Apple risponde che i produttori terzi possono collegarsi all’iPhone, accedere ai dati e sfruttare API ufficiali (anche se, va detto, non con la stessa integrazione dell’Apple Watch)
- portafogli digitali e tap-to-pay -> il Dipartimento di Giustizia sostiene che Apple limita l’accesso all’NFC, mentre Cupertino evidenzia di aver creato un sistema sicuro per proteggere i pagamenti degli utenti, e che alcune app come Square già usano queste tecnologie
Apple respinge l’idea che aprire l’iPhone ai marketplace alternativi, o rimuovere i limiti sull’NFC e sulle app predefinite, sia nell’interesse dei consumatori; anzi, sostiene che l’ecosistema iOS sia volutamente integrato per garantire sicurezza, privacy e qualità.
Nella risposta si legge che la causa mira a forzare una serie arbitraria di modifiche progettuali, minando così ciò che rende l’iPhone un’alternativa differenziata e sicura nel mercato mobile.
Nel documento depositato, Apple articola anche nove principali argomentazioni di difesa, tra cui motivazioni commerciali legittime, tutela della proprietà intellettuale, mancanza di prova di danni concreti alla concorrenza, diritto alla differenziazione di prodotto, eccessiva tardività della causa e perfino l’incompetenza giurisdizionale del tribunale.
Insomma, Apple gioca all’attacco, accusando a sua volta il Dipartimento di Giustizia di voler limitare l’innovazione con regole che potrebbero appiattire l’intero ecosistema mobile.
La causa tra l’azienda di Cupertino e il governo USA non si chiuderà presto, le implicazioni sono enormi, si parla della possibilità di forzare Apple ad aprire iPhone a store alternativi, a consentire app di pagamento concorrenti di default, o a offrire maggiore interoperabilità con accessori di terze parti.
Per ora Apple mostra i muscoli legali e ideologici, ma il terreno è ancora instabile, il precedente europeo del Digital Markets Act ha già costretto Apple a qualche apertura, toccherà ai giudici americani stabilire se e quanto dovrà cambiare anche dall’altra parte dell’oceano.
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