Mentre il mondo guarda con interesse e crescente scetticismo alla colossale città lineare The Line, il governo saudita rilancia la sua ambizione con un’altra infrastruttura da primato: il Ponte di Mosè, un’opera intercontinentale che collegherà Sharm El Sheikh (Egitto) con Ras Al-Sheikh Hamid (Arabia Saudita), attraversando lo strategico stretto di Tiran.

Il nome è già evocativo, ma il progetto è ancora più audace, un collegamento tra Africa e Asia direttamente connesso al punto d’ingresso occidentale della futuristica città a nastro da 170 Km nel cuore del deserto saudita.

Un ponte (o un tunnel) da 4 miliardi di dollari per unire due continenti

Secondo quanto confermato dal ministro dei trasporti egiziano Kamel al-Wazir, la fase di pianificazione è ufficialmente conclusa e i due Paesi sarebbero pronti ad avviare i lavori in qualsiasi momento, con due opzioni tecniche ancora sul tavolo, ponte o tunnel; l’infrastruttura avrà una lunghezza compresa tra i 14 Km e i 24 Km a seconda del tracciato definito, con un costo stimato in circa 4 miliardi di dollari interamente finanziati dall’Arabia Saudita.

Sebbene non si tratti del ponte più lungo del mondo, il Ponte di Mosè rappresenterebbe comunque una delle opere ingegneristiche più simboliche e strategiche dell’intera regione mediorientale, unendo due continenti in uno dei punti marittimi più sensibili e sorvegliati del pianeta.

A dispetto del nome inizialmente proposto dal presidente egiziano che voleva intitolarlo al re saudita Salman bin Abdulaziz, l’opinione pubblica ha finito per adottare spontaneamente l’appellativo Ponte di Mosè, richiamando il racconto biblico della separazione delle acque del mar Rosso; un richiamo culturale e spirituale che in effetti ben si adatta a una delle funzioni previste per l’opera, ovvero offrire un nuovo itinerario di pellegrinaggio verso la Mecca, con oltre un milione di fedeli l’anno stimati in transito sul ponte.

Ma non si tratta solo di religione o turismo, il ponte dovrebbe facilitare anche il commercio e il trasporto di merci tra Africa e Penisola Arabica senza dover attraversare Israele o Giordania; in quest’ottica il Ponte di Mosè diventa un tassello essenziale dell’intero ecosistema NEOM, il maxi progetto urbanistico e infrastrutturale da 500 miliardi di dollari che punta a ridefinire il concetto stesso di città.

Come spesso accade con progetti di queste dimensioni, non mancano le critiche, in particolare da parte delle associazioni ambientaliste: lo stretto di Tiran infatti ospita barriere coralline uniche e specie marine a rischio di estinzione, e l’impatto ecologico di un ponte (o di un tunnel) transcontinentale potrebbe rivelarsi tutt’altro che trascurabile; i promotori assicurano che la sostenibilità sarà una priorità, ma tra le intenzioni e la realtà dei cantieri possono passare anni, se non decenni.

Eppure il potenziale economico è notevole, si stima che i costi del progetto possano essere ammortizzati in meno di dieci anni grazie ai pedaggi dei veicoli, dei pellegrini e dei turisti; il ponte inoltre creerebbe migliaia di nuovi posti di lavoro su entrambe le sponde del Mar Rosso.

Per il momento non è stata comunicata una data ufficiale per l’inizio dei lavori, né ovviamente per la fine ma, con la progettazione ormai completata l’annuncio lascia intendere che i preparativi siano ormai entrati in una fase decisiva. Il Ponte di Mosè potrebbe davvero cambiare il volto della mobilità tra Africa e Medio Oriente e diventare il simbolo di un nuovo tipo di connessione tra continenti, culture e civiltà.