È indubbiamente al centro delle discussioni inerenti alla tecnologia da parecchi mesi, ma il 5G non rappresenta ancora un business così importante per gli operatori economici, tanto meno nel nostro Paese dove la copertura è molto limitata.

C’è la promessa di una maggiore velocità, quella legata al maggior numero di dispositivi connessi contemporaneamente, ma la verità è che il 5G rappresenta il primo vero terreno di scontro tra le due super potenze mondiali, Cina e Stati Uniti. Le società cinesi, Huawei su tutte, sono all’avanguardia in questo campo ma la possibilità che il regime cinese sfrutti le aziende nazionali per spiare il traffico “nemico” spaventa l’Occidente, in particolare gli USA.

Il ban imposto dal governo Trump è legato proprio a queste ipotesi, al momento mai dimostrate, e non sono mancate le pressioni verso gli alleati storici affinché supportassero la decisione americana di boicottare Huawei. L’Europa si è divisa, con alcune nazioni che hanno deciso di escludere Huawei dalla realizzazione delle proprie reti e altre che invece hanno già attivato una collaborazione.

L’Italia, almeno al momento, è tra i Paesi indecisi, anche se si è vista di recente una prima svolta. TIM infatti ha deciso, per motivi di “natura commerciale” di escludere Huawei dalle prossime gare relative alla costruzione della rete principale, quella con server e software di gestione.

Qualcuno si è però chiesto se sia la decisione più saggia, e se ci saranno ripercussioni a livello economico e temporale. E secondo alcune analisi i costi non sarebbero proprio irrisori, come invece sostiene Stefano Quintarelli, un esperto tecnologico italiano.

Secondo Quintarelli ci potrebbe essere un aumento contenuto dei costi, non sufficiente però per riflettersi sui costi per gli utenti. I maggiori costi andrebbero diluiti per la vita utile delle infrastrutture e l’unica ripercussione potrebbe essere legata ai prezzi al pubblico particolarmente bassi, che si tradurranno in minori possibilità di investimento.

Dall’Inghilterra invece arrivano dati contrastanti: l’esclusione di Huawei comporterebbe ritardi di 2-3 anni nel completamento delle infrastrutture e maggiori costi per circa due miliardi di sterline. Gli operatori telefonici inglesi invece sono più ottimisti sulle tempistiche (18-24 mesi di ritardo) ma stimano in circa 7 miliardi di sterline i maggiori costi.

E una ricerca citata da Reuters stima in circa 55 miliardi di euro i maggiori costi causati dall’esclusione dei produttori cinesi dai mercati europei. Nonostante Nokia e Ericsson, le due compagnie che sembrano pronte a subentrare a Huawei nel campo del 5G, stiano proponendo ottimi prezzi, la potenza del brand cinese è nettamente superiore. Huawei riesce a proporre prezzi bassissimi e pagamenti diluiti nel tempo, grazie alla capacità di spalmare i costi di ricerca e sviluppo.

Anche se sul mercato di affacciano alcuni competitor americani, sembra dunque difficile trovare altre compagnie in grado di investire ingenti somme nel 5G, soprattutto in questo periodo di forte recessione economica, e tutto questo potrebbe tradursi in forti ritardi nell’implementazione della nuova tecnologia.

E in Italia quali sarebbero le ripercussioni? Secondo le stime inglesi sarebbero necessari almeno 300 milioni di euro all’anno in maggiori investimenti, e nel 2023 ci sarebbero almeno 7 milioni di persone impossibilitate ad accedere alla rete veloce. Senza contare una perdita di 5 miliardi di Pil nei prossimi 5 anni.

Più ottimista invece Ericsson Italia secondo cui i costi dello switch dal 4G al 5G sono contenuti, grazie alle antenne predisposte a partire dal 2015. La compagnia svedese è forte del risultato ottenuto in Svizzera dove sono stati necessari solo otto mesi per coprire il 90% della popolazione, con 100.000 stazioni radio sostituite in 18 mezzi.

Resta da capire quale sarà la decisione del governo italiano, chiamato ancora una volta a una scelta difficile, nel nome di un paventato rischio di sicurezza e senza certezze sui maggiori costi da sopportare.