Gli Stati Uniti compiono un nuovo passo nella lunga e complessa partita per ridurre la propria dipendenza dalla Cina sul fronte delle materie prime strategiche, soprattutto per quel che concerne le terre rare. Nelle scorse ore infatti, l’amministrazione guidata da Donald Trump ha annunciato un accordo con Korea Zinc per la costruzione di un grande impianto di lavorazione delle terre rare in Tennessee, un’infrastruttura che, nelle intenzioni della Casa Bianca, dovrebbe rafforzare in modo significativo la filiera industriale americana legata a semiconduttori, difesa e tecnologie avanzate.

A confermare l’intesa è stato il Segretario al Commercio degli Stati Uniti, Howard Lutnick, che in una dichiarazione ha elogiato il presidente per aver portato a casa quello che viene descritto come un accordo trasformativo per la sicurezza nazionale e per l’industria statunitense. L’impianto, una volta a regime, avrà una capacità produttiva annua di 540.000 tonnellate, includendo materiali fondamentali come gallio, germanio, indio e altre risorse considerate critiche per l’economia americana.

Gli USA cercano di ridurre la dipendenza dalla Cina sulle terre rare

Il contesto in cui si inserisce questo accordo è ben noto, gli Stati Uniti dipendono in larga misura dalla Cina per l’approvvigionamento di terre rare, sia in forma grezza sia come materiali già lavorati e raffinati. Pechino, grazie a investimenti massicci portati avanti per anni, è oggi in grado di controllare quasi il 90% della produzione globale di terre rare lavorate, una posizione dominante che ha messo in evidenza tutte le fragilità delle catene di approvvigionamento occidentali.

La rivalità tra Washington e Pechino ha ulteriormente aggravato la situazione, soprattutto dopo l’introduzione di controlli sulle esportazioni e restrizioni commerciali che hanno colpito direttamente settori chiave come quello dei semiconduttori. Anche se la Cina ha recentemente allentato alcune misure e ripreso a lasciare licenze di esportazione, la Casa Bianca è ben consapevole di restare esposta alle decisioni del suo principale rivale geopolitico.

Nonostante il nome possa trarre in inganno, le terre rare non sono effettivamente scarse nella crosta terrestre; il problema, come spesso sottolineato dagli addetti ai lavori, è legato alla loro bassa concentrazione, che rende l’estrazione economicamente sostenibile solo in determinate condizioni, spesso quando avviene insieme ad altri materiali più abbondanti.

È proprio su questo fronte che la Cina ha costruito il proprio vantaggio competitivo, investendo non solo nell’estrazione ma soprattutto nella lavorazione e raffinazione, fasi decisive della filiera. Gli Stati Uniti al contrario, stanno cercando solo ora di recuperare terreno, puntando su nuovi impianti interni e su accordi strategici con partner industriali esteri, come nel caso di Korea Zinc.

I materiali che verranno prodotti nell’impianto del Tennessee non sono affatto marginali, gallio, germanio e indio sono elementi essenziali non solo per la produzione di chip e semiconduttori, ma anche per sistemi di difesa, motori a reazione, satelliti, data center, intelligenza artificiale e manifattura avanzata. Secondo quanto dichiarato dal Dipartimento del Commercio statunitense, si tratta di risorse che alimentano le tecnologie considerate cruciali per il futuro industriale e militare del Paese.

L’accordo con Korea Zinc prevede inoltre che, a partire dal 2026, gli Stati Uniti avranno accesso prioritario anche alla produzione globale ampliata dell’azienda sudcoreana, rafforzando ulteriormente la sicurezza delle catene di approvvigionamento americane in un momento storico particolarmente delicato.

Questo investimento non rappresenta un caso isolato, l’amministrazione Trump sta infatti valutando anche l’assegnazione di 2 miliardi di dollari dai fondi del CHIPS Act per potenziare l’intera catena di approvvigionamento dei minerali critici, con l’obbiettivo di garantire agli Stati Uniti una fornitura stabile e autonoma nel lungo periodo.

Parallelamente, Washington guarda con crescente interesse anche al litio, elemento chiave per la tecnologia delle batterie; la recente scoperta di un giacimento stimato in 1,5 trilioni di dollari al confine tra Nevada e Oregon potrebbe, secondo le previsioni, coprire il fabbisogno nazionale di batterie per i prossimi decenni, rafforzando ulteriormente l’indipendenza energetica e industriale del Paese.

Nel quadro generale, l’accordo tra Trump e Korea Zinc va letto come parte di una strategia più ampia, in cui le terre rare e i minerali critici assumono un ruolo paragonabile a quello del petrolio nel XX secolo. Queste risorse rappresentano oggi la spina dorsale della tecnologia moderna, e l’accesso sicuro a esse è diventato uno dei principali terreni di scontro tra le grandi potenze globali.

Con la costruzione dell’impianto in Tennessee gli Stati Uniti puntano dunque a rafforzare la propria posizione industriale e tecnologica, riducendo al contempo la vulnerabilità verso fornitori esteri. Resta da vedere se queste mosse saranno sufficienti a colmare il divario accumulato negli anni, ma il segnale politico e industriale lanciato da Washington appare, ancora una volta, piuttosto chiaro.