A quasi cinquant’anni dal lancio, la storica sonda Voyager 1 della NASA, che in molti ricorderanno per le iconiche immagini come il Pale Blue Dot, si prepara a raggiungere un traguardo che, pur essendo simbolico, racconta meglio di qualsiasi cifra la vastità del cosmo: entro il 15 novembre 2026, sarà così lontana dalla Terra che la luce impiegherà 24 ore esatte per raggiungerla.

Un giorno luce, vale la pena ricordarlo, è solo una minuscola frazione dell’anno luce (pari a circa 9,46 trilioni di km), ma rappresenta comunque una distanza tale da trasformare ogni comunicazione con la sonda in un’operazione estremamente lenta e particolarmente complessa.

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Dopo quasi 50 anni di viaggio la sonda Voyager 1 si avvicina a un nuovo traguardo

La sonda, lanciata il 5 settembre 1977 per sorvolare Giove e Saturno, ha completato la sua missione primaria nel 1980, per poi inaugurare la fase Voyager Interstellar nel 1989 con l’obbiettivo di esplorare gli spazi al di fuori dell’influenza diretta del nostro Sole. Dopo essere transitata nella regione in cui il vento solare rallenta (nel 2004), è entrata ufficialmente nello spazio interstellare nel 2012, diventando così l’oggetto artificiale più distante mai creato dall’uomo.

La Voyager 1 viaggia a una velocità media di 17,7 km/s (circa 60.000 km/h) e si allontana dalla Terra di circa 3,5 UA all’anno (unità astronomiche, ovvero la distanza tra la Terra e il Sole). Seguendo questa traiettoria, nel novembre 2026 sarà a 25,9 miliardi di km di distanza, valore che coincide proprio con quello necessario a generare un ritardo di un giorno per inviare un comando e un altro giorno per ricevere la conferma.

Per fare un confronto, la Luna risponde in circa 1,3 secondi, Marte in circa 4 minuti e Plutone in quasi 7 ore. Qui siamo su tutt’altro livello, un vero viaggio nel tempo a ogni trasmissione.

La resistenza della sonda continua a stupire, a mantenerla in vita ci pensano i tre generatori termoelettrici a radioisotopi (RTG), che dovrebbero garantire potenza fino al 2030; nonostante l’età, la Voyager 1 è ancora in grado di trasmettere dati dallo spazio profondo, e lo scorso anno ha superato uno dei momenti più critici della sua storia: un errore di memoria (probabilmente dovuto a un bit invertito o danneggiato) le aveva impedito di inviare correttamente la telemetria, ma gli ingegneri della NASA sono riusciti a ripristinare la comunicazione e a permetterle di continuare il suo cammino.

Se 25,9 miliardi di km possono sembrare un valore quasi inimmaginabile, in realtà rappresentano ancora pochissimo rispetto alle distanza cosmiche; la stella più vicina, Proxima Centauri, si trova a circa 4 anni luce, alla velocità attuale la Voyager 1 impiegherebbe 73.000 anni per raggiungerla.

Troppo tardi per inviare qualsiasi dato ovviamente, gli RTG saranno spenti da decine di millenni, ma il viaggio della sonda potrebbe comunque avere un significato culturale, grazie al celebre Golden Record, il disco d’oro che contiene suoni, immagini e messaggi dell’umanità, realizzato nella speranza (romantica ma non impossibile) che un giorno qualcuno possa trovarlo.

Tra record di distanza, traguardi simbolici come quello del giorno luce e immagini che hanno cambiato la storia della divulgazione scientifica, la Voyager 1 continua a ricordarci quanto sia vasto il nostro Sistema Solare e quanto piccoli siamo noi, sospesi nel buio su quel puntino azzurro immortalato nel 1990.

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