Google ha silenziosamente messo la parola fine all’interoperabilità tra uno dei suoi servizi più popolari e l’ecosistema Apple. Con l’ultimo aggiornamento di Google Keep, la popolare app di creazione e gestione delle note non è più compatibile con Apple Watch.

La notizia segna la chiusura di un capitolo iniziato nel 2019, quando Google decise di riportare alcune delle sue app sullo smartwatch di Cupertino dopo un’assenza durata oltre un anno.

Keep, in particolare, era stata accolta con favore dagli utenti che cercavano un modo semplice e veloce per consultare liste, promemoria e appunti direttamente dal polso e anche da quelle persone che la preferiscono alle classiche Note di Apple per l’interfaccia più vivace e semplice. Scopriamone di più.

Google Keep abbandona l’Apple Watch, cosa cambia per gli utenti

Google Keep su Apple Watch non ha mai ricevuto aggiornamenti significativi dopo il suo debutto, nemmeno un rinnovamento dell’icona dell’app; era un’applicazione che, nonostante l’assenza di nuove funzioni, aveva continuato a svolgere egregiamente il suo compito: permettere di leggere e spuntare le to-do list e visualizzare note importanti al volo direttamente dall’Apple Watch.

Questa semplicità operativa rappresentava un valore aggiunto per chi utilizzava Keep come hub personale per appunti veloci, idee, elenchi della spesa o attività quotidiane.

Con l’ultima versione, 2.2025.26200, Google ha aggiornato la pagina di Keep su App Store, rimuovendo ogni riferimento all’Apple Watch. Ora, come potete notare dalla schermata, l’app è ufficialmente supportata solo su iPhone e iPad.

Il tempismo, peraltro, non sembra casuale: l’addio del supporto arriva in un momento in cui Apple sta preparando il lancio di watchOS 26, previsto per l’autunno di quest’anno, che introdurrà l’app Note direttamente sull’orologio.

La decisione di Google lascia scoperti quegli utenti che usavano Keep in modalità cross-platform, ad esempio per sincronizzare liste tra dispositivi Android e Apple Watch. Una delle alternative più immediate, stando alle classifiche degli store digitali, è Microsoft OneNote, che offre un’app dedicata sia per Android che per Apple Watch.

Sebbene Note di Apple non abbia un’app Android, la piattaforma è comunque accessibile via web attraverso iCloud, dove gli utenti possono trovare anche altri servizi Apple, come Find My. Si tratta, tuttavia, di un’esperienza farraginosa che lascia davvero a desiderare sia in termini di rapidità di consultazione che di efficacia in sé.

Apple, dal canto suo, come ci ha sempre abituato, sta spingendo sempre più il proprio sistema di app nativo. Insomma, questa è l’ennesima mossa che rafforza l’ecosistema del colosso, il quale si isola ancora di più (se fosse ancora possibile) e riduce ulteriormente lo spazio per le alternative di terze parti, come Keep.

Sottolineiamo, invece, che per chi utilizza Keep solo su iPhone e iPad la situazione non cambia. L’app continua a funzionare normalmente e con l’ultimo aggiornamento ha ricevuto solo bug fix minori, senza nuove funzionalità.

Mentre Google ritira Keep dall’Apple Watch, rafforza invece la presenza di Calendar sugli smartwatch made in Cupertino: recentemente, infatti, è stata lanciata una versione semplificata di Google Calendar, pensata per offrire agli utenti una visione rapida dei propri impegni; l’app consente di consultare una panoramica settimanale degli eventi e le attività di Google Tasks in formato schede.

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Ecosistemi digitali sempre più chiusi

Nel frattempo, il contingente delle app Google su watchOS continua a essere scarso, sia per in quantità che qualità: un esempio poco incoraggiante è dato dall’app di YouTube Music che, di fatto, è un semplice controller remoto dei comandi sull’app per iPhone.

La decisione di Google è l’ennesima conferma di un trend ormai consolidato ovvero la progressiva chiusura degli ecosistemi tecnologici, e il tentativo dei legislatori, in particolare l’UE, di aprirli con leggi (come il Digital Markets Act) o pesanti sanzioni al fine di promuovere la tanto dibattuta interoperabilità.

Apple, con i suoi servizi sempre più legati al proprio hardware, spinge per un’integrazione verticale totale, spingendo gli utenti a restare tra le mura del celeberrimo giardino dorato. Google, dal canto suo, preferisce investire risorse nel consolidare Android, ChromeOS e Wear OS e tutti i servizi al loro interno, riducendo gradualmente le energie dedicate alle piattaforme esterne.

Questo scenario pone gli utenti di fronte a un bivio: se da un lato aumenta l’integrazione e la qualità dell’esperienza dentro ogni ecosistema, dall’altro si riduce sempre di più la libertà di scegliere app e servizi cross-platform senza compromessi.

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