La crescente tensione tra Stati Uniti e Cina sul fronte tecnologico segna un nuovo, pesante capitolo, il governo americano ha infatti imposto nuove restrizioni all’esportazione di acceleratori di intelligenza artificiale, colpendo direttamente NVIDIA e, in particolare, il suo chip H20, fiore all’occhiello per il mercato cinese.

Una decisione che si inserisce nella lunga serie di limitazioni introdotte dal 2022 a oggi, con l’obiettivo di contenere lo sviluppo dell’ecosistema IA cinese; ma questa volta, le conseguenze sono state immediate e tangibili: NVIDIA ha annunciato una svalutazione da 5,5 miliardi di dollari nel primo trimestre fiscale, proprio a causa dell’impatto delle nuove regole.

Offerta

Google Pixel Watch 4 (45 mm)

379€ invece di 449€
-16%

Il chip H20 di NVIDIA per la Cina nel mirino degli USA

L’H20 era stato introdotto nel 2024 come risposta alle prime restrizioni imposte dall’amministrazione Biden, si trattava di una versione “adattata” dei più potenti acceleratori NVIDIA, con prestazioni ridotte proprio per restare al di sotto della soglia consentita per l’export in Cina.

Tuttavia, secondo quanto riferito da Institute for Progress, aziende come Tencent e DeepSeek avrebbero già integrato l’H20 in infrastrutture di calcolo avanzato, superando di fatto i limiti normativi; di fronte a questo scenario, le autorità statunitensi hanno deciso di intervenire nuovamente, chiedendo a NVIDIA di ottenere una licenza per esportare l’H20 già dal 9 aprile, salvo poi dichiarare il 14 aprile, che le restrizioni rimarranno in vigore “a tempo indeterminato”.

Nonostante alcuni rumor recenti avessero ipotizzato un’esenzione ottenuta dal CEO Jensen Huang durante un presunto incontro con Donald Trump, NVIDIA ha confermato che non ci sono state deroghe. Al contrario, le nuove misure colpiscono anche altri attori del settore: il Dipartimento del Commercio USA ha infatti incluso nei requisiti di licenza anche AMD Instinct MI308 ed equivalenti, estendendo la stretta ben oltre il caso NVIDIA.

Le conseguenze di questa nuova mossa geopolitica non si sono fatte attendere: il titolo NVIDIA ha perso circa il 6% nelle contrattazioni after-hours, seguito da un calo del 7% per AMD. Ma il dato più impressionante riguarda le proiezioni di Bloomberg Intelligence, secondo gli analisti infatti le nuove restrizioni potrebbero generare una perdita annua tra i 14 e i 18 miliardi di dollari per NVIDIA, un colpo potenzialmente devastante anche in ottica futura.

Nonostante tutto ciò, l’azienda di Santa Clara non sembra intenzionata a farsi cogliere impreparata, negli scorsi giorni ha infatti annunciato un piano di investimenti fino a 500 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni, destinati alla creazione di infrastrutture IA sul suolo americano; una mossa che mira a rafforzare la produzione interna e ad accelerare lo sviluppo di GPU Blackwell affidandosi alla nuova capacità produttiva locale di TSMC.

Questa vicenda non può essere letta come un semplice caso di export bloccato, al contrario, rappresenta l’ennesimo tassello di una strategia più ampia, che vede gli Stati Uniti sempre più determinati a frenare l’avanzata cinese nel campo dell’intelligenza artificiale e del calcolo ad alte prestazioni: dal 2022 a oggi, le restrizioni sono passate da singoli ban su chip di fascia alta a interi pacchetti normativi, estesi via via a più categorie di prodotti e Paesi considerati “ostili”.

Il secondo mandato di Donald Trump ha ulteriormente alzato la posta in gioco, con dazi fino al 145% sull’import di beni prodotti in Cina (anche se le eccezioni sono numerose e le regole in continua evoluzione a seconda del clima politico del momento).

In questo scenario potenzialmente esplosivo, NVIDIA si trova al centro di un’onda geopolitica e commerciale che potrebbe ridisegnare l’intero equilibrio del settore tech nei prossimi anni; Huang ha già puntato sull’inferenza, la fase in cui i modelli IA generano risposte (piuttosto che essere addestrati) come leva strategica per il futuro. Ma ora l’azienda dovrà ripensare i suoi piani, adattandosi a un mondo dove le regole del gioco cambiano di settimana in settimana.

Un ulteriore punto interrogativo riguarda il futuro dei chip H20 già esportati e installati in infrastrutture cinesi, è improbabile che il governo americano riesca a intervenire retroattivamente, ma l’attenzione resterà alta per capire se e come le aziende asiatiche sfrutteranno questi acceleratori per alimentare nuovi modelli IA o supercomputer.

Nel frattempo, i fornitori di hardware IA dovranno muoversi con estrema cautela, tra controlli sempre più rigidi e un mercato globale che inizia a fare i conti con barriere tecnologiche non più solo economiche, ma anche politiche.

I nostri contenuti da non perdere: