Sono numerose le controversie legali in cui Google si trova obbligata a difendersi e tra queste vi è un gruppo di cause antitrust portate avanti negli Stati Uniti dal Dipartimento di Giustizia e da diversi procuratori generali.

E grazie ad una serie di documenti resi pubblici in tali procedimenti è possibile farsi un’idea di come Google gestisce la sua attività pubblicitaria, districandosi tra accuse di manipolazione del mercato e accordi con altri colossi della tecnologia.

Nuovo scandalo per Google

Uno di tali accordi è rappresentato da “Jedy Blue“, ossia una sorta di parnership segreta tra Google e Facebook nata nel 2017 e in virtù della quale i due colossi si sarebbero scambiati dei favori per incentivare le rispettive piattaforme.

A rendere ancora meno limpida la gestione da parte del colosso di Mountain View del sistema pubblicitario vi è anche il Project NERA, un piano “per creare un ecosistema chiuso da Internet aperto”: in pratica, Google voleva esercitare un maggiore controllo sui siti Web indipendenti proprio come fa sui propri prodotti (come ad esempio YouTube), il tutto costringendo gli editori a concedere “accesso esclusivo alla propria offerta pubblicitaria”.

Per realizzare tale obiettivo pare che Google abbia da una parte sfruttato il successo e la popolarità del browser Google Chrome e, dall’altra, spinto gli utenti a concedere le autorizzazioni per tenere traccia dei propri dati sul Web, ignorando del tutto i cookie, rendendo di fatto i dati di un sito sui suoi visitatori non più esclusivi (dati che poi ha messo a disposizione degli editori in cambio di un contratto pubblicitario esclusivo).

Così come apprendiamo da Android Police, un portavoce di Google ha ritenuto tale ricostruzione piena di imprecisioni, ribadendo che le tecnologie pubblicitarie del colosso di Mountain View aiutano i siti Web e le app a finanziare i loro contenuti e consentono alle piccole imprese di raggiungere clienti in tutto il mondo.

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