Un paio di mesi fa il tribunale UE aveva dato ragione ad Apple nella causa contro l’Unione Europea in relazione alla vicenda legata ai presunti aiuti di stato ottenuti dall’Irlanda.

I fatti risalgono al 2016 quando la Commissione Europea aveva stabilito che il governo irlandese avrebbe dovuto recuperare circa 13 miliardi di euro per le tasse non pagate da Apple tra il 2003 e il 2013 in virtù di un regime fiscale particolarmente agevolato. Secondo la Commissione il governo irlandese aveva offerto tale regime pur di convincere la compagnia americana a trasferire in quel Paese la sede europea delle proprie società.

La Commissione Europea, guidata da Margrethe Vestager, ha però deciso di ricorrere alla Corte Europea di Giustizia, la suprema corte europea, per vedere riconosciute le proprie ragioni.

La Commissione ha deciso di appellarsi alla Corte Europea di Giustizia in merito al giudizio della Corte Generale di Luglio 2020 sul caso di aiuti di stato ad Apple da parte dell’Irlanda, che ha annullato la decisione della Commissione dell’agosto 2016 secondo cui l’Irlanda garantì aiuti di stato illegali ad Apple attraverso un regime fiscale personalizzato.

Il giudizio della Corte Generale solleva importanti questioni legali che sono di rilevanza per la Commissione nella sua applicazione delle regole sui casi di aiuti di Stato. La Commissione considera rispettosamente che nel suo giudizio la Corte Generale ha commesso alcuni errori di legge. Per questo motivo, la Commissione sta portando la vicenda di fronte alla Corte Europea di Giustizia.

Essere sicuri che ogni compagnia, grande o piccola, paghi una quota equa di tasse resta una delle priorità della Commissione. La Corte Generale ha ripetutamente confermato il principio che, mentre gli Stati Membri hanno competenza nel determinare le proprie leggi in materia di tassazione, devono farlo nel rispetto delle leggi europee, incluse le regole sugli aiuti di stato. Se gli stati membri forniscono vantaggi fiscali ad alcune compagnie multinazionali senza garantire il medesimo trattamento ai rivali, questo danneggia la competizione equa nell’Unione Europea, in violazione delle regole sugli aiuti di stato.

Dobbiamo continuare a utilizzare gli strumenti a nostra disposizione per assicurare che ogni compagnia paghi la giusta quota di tasse. Altrimenti, le finanze pubbliche e i cittadini sono privati di fondi per gli investimenti necessari, più che mai necessari in questo periodo al fine di supportare la ripresa economica europea. Dobbiamo continuare i nostri sforzi per correggere i buchi nella legislazione e assicurare trasparenza. Quindi, c’è ancora molto lavoro da fare, inclusa la certezza che ogni attività, incluse quelle digitali, paghino la quota corretta di tasse dove sia legittimamente dovuta.”

È dunque palese che Apple abbia beneficiato di un trattamento favorevole che le ha consentito di risparmiare svariati miliardi di tasse ma, secondo il governo irlandese, non sono state applicate clausole preferenziali. La Corte Generale sostiene che la Commissione Europea non abbia fornito prove sufficienti per dimostrare l’infrazione da parte dell’Irlanda.

Dal canto suo Apple sostiene di aver rispettato le leggi irlandesi e di essersi comportata come in qualsiasi altro Paese. Va ricordato che in passato la Commissione Europea ha combattuto die battaglie simili, contro Fiat e Starbucks, e in entrambi i casi ne è uscita vincitrice.