Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso cautelare presentato dal Movimento Consumatori nei confronti di Sky per gli aumenti derivanti dal passaggio alla fatturazione mensile.

Sky, che aveva deciso di passare lo scorso ottobre alle fatture ogni quattro settimane, ha comunicato lo scorso mese il suo adeguamento alla legge 172/2017, relativa al ritorno alla fatturazione mensile. L’azienda aveva comunicato che l’importo delle fatture mensili sarebbe stato calcolato mantenendo fisso il costo dell’abbonamento annuale, ma senza specificare che ciò avrebbe comportato un aumento del costo del singolo rinnovo.

In pratica il passaggio alle quattro settimane e il successivo ritorno al mensile ha comportato reali aumenti per i clienti della pay-tv: il Movimento Consumatori ha sottolineato infatti che tutto ciò ha portato ad aumenti dell’8,6% per tutti gli abbonati, portando nelle casse della piattaforma satellitare circa 20 milioni di euro ogni mese. Secondo quanto riferito da Paolo Fiorio e Corrado Pinna, avvocati che hanno difeso l’associazione nella causa:

“Il tribunale ha precisato che anche se il costo annuale praticato da Sky non ha subito variazioni, la manovra attuata dalla nota pay tv ha comportato un aumento del costo unitario dei pacchetti scelti che rappresenta il punto di riferimento per i consumatori e per ogni offerta commerciale di Sky. La compagnia televisiva dovrà quindi da subito non applicare gli aumenti praticati dal 1° aprile di quest’anno.”

Il Movimento Consumatori invita dunque Sky a restituire gli aumenti illegittimamente praticati attraverso storno nelle fatture; in caso contrario procederà ad avviare una class action per ottenere ciò che spetta ai consumatori. Il succo della questione è dunque il seguente: se Sky ritiene di dover aumentare il costo mensile del servizio lo dovrà fare in maniera corretta, chiara e trasparente, riconoscendo a ciascun abbonato il diritto di recedere dal contratto.

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