Da quando WhatsApp è entrata a far parte delle aziende controllate da Facebook, in molti si sono chiesti se e come la privacy dei propri messaggi sia messa a repentaglio dai mezzi che il social network di Mark Zuckerberg utilizza per fare cassa. Dello stesso avviso sembra essere Ulrich Kelber, Commissario federale per la protezione dei dati, che consiglia caldamente alle autorità federali di non utilizzare WhatsApp per le comunicazioni.

I metadata non vengono condivisi

Infatti, benché tutti i messaggi scambiati su WhatsApp siano protetti dalla crittografia end-to-end e quindi impossibili da leggere da parte di Facebook, i metadata di WhatsApp contengono abbastanza informazioni da rappresentare un rischio per la sicurezza della privacy. Essi raccolgono informazioni come la data e l’orario di invio del messaggio, la posizione geografica e le identità degli utenti impegnati nella conversazione.

Queste informazioni, non essendo protette dalla crittografia end-to-end, potrebbero essere raccolte e manipolate da Facebook per la “profilazione” degli utenti. Ovviamente le accuse hanno fatto rapidamente il giro del web e sono state completamente sconfessate da un rappresentante di WhatsApp il quale ha dichiarato che “WhatsApp non condivide i file metadata con Facebook per la creazione di profili utenti o migliorare i prodotti o la pubblicità di Facebook“.

Benché perentorie, le affermazione del portavoce di WhatsApp si scontrano contro chi reputa abbastanza inverosimile l’assenza di un qualche tipo di comunicazione fra l’applicazione di instant messaging con Facebook. Del resto come farebbe WhatsApp a portare la pubblicità all’interno della propria piattaforma senza un qualche tipo di profilazione?

Voi che ne pensate? Vi ritenete sicuri ad utilizzare WhatsApp, oppure pensate che applicazioni come Telegram o Signal offrano sicurezze in più circa la tutela della privacy? Fatecelo sapere nei commenti qui in basso!