Durante il forum sugli investimenti USA–Arabia Saudita, Elon Musk ha lanciato una delle sue provocazioni più ambiziose e polarizzanti: secondo il CEO di X, xAI, SpaceX e Tesla, entro cinque anni i data center per l’intelligenza artificiale più efficienti e sostenibili saranno in orbita; sì, nello spazio.

Una previsione che ha fatto molto discutere, tanto da spingere Jensen Huang, CEO di NVIDIA, anch’egli presente alla conferenza, a commentare l’idea come “solo un sogno”.

La profezia ambiziosa di Elon Musk non convince per motivi tecnici

Secondo Musk, il crescente fabbisogno energetico dell’AI generativa renderà presto insostenibile la crescita dei data center sulla Terra, dove la disponibilità di elettricità e le infrastrutture di raffreddamento rappresentano già un limite.

“La mia stima è che il costo dell’elettricità, l’economicità dell’intelligenza artificiale e lo spazio saranno nettamente migliori rispetto all’intelligenza artificiale utilizzata finora sulla Terra, molto prima di esaurire le potenziali fonti energetiche sulla Terra” ha affermato Musk. “Penso anche che, forse, tra quattro o cinque anni, il modo più economico per elaborare dati basati sull’intelligenza artificiale sarà con satelliti alimentati a energia solare. Direi non più di cinque anni”.

L’idea di fondo è che lo spazio offra condizioni ideali: energia solare perpetua, nessuna necessità di sistemi di accumulo e possibilità di sfruttare il vuoto per dissipare il calore in modo naturale, riducendo la complessità dei sistemi di raffreddamento dei data center tradizionali.

Huang (NVIDIA): “Affascinante, ma prematuro”

Huang ha riconosciuto che la crescita della domanda energetica nel settore AI è una delle grandi sfide dei prossimi anni. I rack di ultima generazione, come i GB300 di NVIDIA, dedicano infatti quasi due tonnellate di peso solo al sistema di raffreddamento, a dimostrazione della complessità del problema. Tuttavia, il manager ritiene che le tempistiche proposte da Musk siano “irrealistiche”:

“Non si possono costruire centrali elettriche di quel livello sulla Terra, figuriamoci nello spazio”, ha spiegato. “Arrivare a un terawatt di potenza continua è semplicemente impossibile con le tecnologie attuali.”

Huang ha quindi invitato a distinguere tra visioni ispirazionali e piani realizzabili, ricordando che l’ecosistema industriale necessario a supportare un’infrastruttura orbitale è ancora agli albori.

I limiti tecnici e fisici della previsione di Musk

Come osservano anche gli analisti di Tom’s Hardware USA, l’idea non è del tutto fantascientifica ma presenta ostacoli enormi. Le principali difficoltà riguardano:

  • le escursioni termiche nelle orbite basse e medie, che possono superare i 180 gradi celsius tra caldo e freddo,
  • la necessità di superfici dissipanti gigantesche per garantire il raffreddamento radiativo,
  • l’impossibilità di realizzare migliaia di lanci SpaceX entro pochi anni per portare le infrastrutture in orbita,
  • e soprattutto la mancanza di chip resistenti alle radiazioni, che richiederebbero una completa riprogettazione dei processori da parte di aziende come NVIDIA.

Anche le orbite geostazionarie e alte offrirebbero condizioni più stabili, ma non eliminerebbero la complessità logistica e i costi di manutenzione.

Come corollario segnaliamo che, sempre al forum in questione, il tycoon ha affermato che l’intelligenza artificiale renderà tutti ricchi e che il lavoro sarà facoltativo: “La mia previsione è che il lavoro sarà facoltativo”, ha detto Musk, riferendosi a un lasso temporale compreso tra 10 e 20 anni. “C’è un solo modo per rendere tutti ricchi, ed è l’intelligenza artificiale”.

Insomma, lo sappiamo, Musk non è nuovo a proiezioni futuristiche oltre i limiti tecnici del presente, e la sua proposta di “AI orbitale” non fa eccezione. Sul lungo periodo, l’idea di spostare l’elaborazione dell’intelligenza artificiale nello spazio potrebbe effettivamente prendere forma, ma di certo non nei prossimi cinque anni.

In fin dei conti le sue comparsate pubbliche sono spesso accompagnate da dichiarazioni polarizzanti e per ora, tutto ciò resta una provocazione che, come spesso accade con Musk, serve un po’ a stimolare l’immaginazione del settore e, molto probabilmente, a far parlare di sé.

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