La nuova corsa allo spazio tra Stati Uniti e Cina sta entrando in una fase cruciale e, come spesso accade quando l’elemento strategico si intreccia con quello tecnologico, la NASA sta rivedendo alcune delle sue scelte iniziali per evitare ritardi e assicurarsi un vantaggio competitivo. Nelle scorse ore Sean Duffy, amministratore ad interim dell’agenzia spaziale statunitense, ha infatti dichiarato che il contratto attualmente affidato a SpaceX per lo sviluppo del lander lunare di Artemis III potrebbe essere aperto anche ad altre società, prima fra tutte Blue Origin, ma non solo.

La NASA potrebbe valutare altre aziende oltre a SpaceX per lo sviluppo del lander lunare della missione Artemis III

Come sempre quando si parla del programma Artemis della NASA è fondamentale ricordare che non si tratta solo di riportare l’uomo sulla Luna dopo oltre cinquant’anni, ma di stabilire una presenza costante e strategica sul nostro satellite, in vista sia di operazioni scientifiche più avanzate sia, in futuro, di missioni verso Marte.

Il problema (ed è una dinamica che gli addetti ai lavori seguono ormai da mesi) riguarda i tempi di sviluppo di Starship nella sua configurazione modificata per essere utilizzata come HLS (Human Landing System), un veicolo estremamente potente e ambizioso, ma che necessita di numerosi test e di una complessa catena logistica, inclusi rifornimenti in orbita, per essere competitivo.

La NASA, consapevole della competizione con la Cina, che procede spedita con Mengzhou, con il lander Lanyue e con il razzo Lunga Marcia 10, vuole quindi garantirsi un piano B, così da non rischiare ritardi che potrebbero compromettere la missione con equipaggio prevista attualmente per Artemis III.

Una delle alternative prese in considerazione è l’utilizzo di più lander Blue Moon MK1 modificati, realizzati da Blue Origin; questo approccio avrebbe un vantaggio pratico immediato: il lander sarebbe più compatto, non richiederebbe rifornimenti in orbita e consentirebbe di accorciare tempi e complessità operative.

Ovviamente si tratta di un compromesso che comporta una minore capacità rispetto a Starship, ma in ottica di riduzione dei rischi può diventare una carta importante per la NASA. Blue Origin dovrebbe lanciare il primo MK1 già nel 2026, anche se in versione cargo (quindi senza sistemi di supporto vitale), mentre la versione MK2 verrà utilizzata ufficialmente a partire da Artemis V.

L’altra tappa fondamentale è Artemis II, che sarà lanciata, salvo ritardi, nei primi giorni di febbraio del prossimo anno; si tratterà della prima missione dal 1972 a portare astronauti oltre l’orbita terrestre bassa, anche se senza allunaggio, una sorta di prova generale del sistema Orion + SLS prima del grande ritorno sulla superficie lunare. La capsula Orion è già in fase di integrazione e gli astronauti stanno completando l’addestramento.

Al momento non c’è ancora una decisione definitiva, ma l’annuncio ufficiale apre la strada a una fase di vera competizione industriale, con SpaceX ancora favorita ma non più unica. Come ha scritto Duffy su X (ex Twitter), competizione e innovazione sono le chiavi per arrivare per primi sulla Luna.

I nostri contenuti da non perdere: