Nella giornata di martedì il governo canadese ha varato una nuova legge, il cui scopo è quello di costringere i giganti tech a risarcire le testate giornalistiche, e dunque gli editori di notizie, per l’utilizzo dei contenuti da loro creati. Stando alla nuova normativa aziende come Google, Facebook (Meta) e altri grandi del settore, che riproducono o indirizzano l’accesso ai contenuti delle notizie, dovrebbero pagare la Commissione canadese per la radiotelevisione e le telecomunicazioni (CRTC).

Lo scopo, è quello di dedicare i fondi così ottenuti alla creazione di notizie, per proteggere la “sostenibilità dell’ecosistema di notizie canadese”; la proposta infatti mira a sostenere un settore, quale la stampa, che ha subito notevoli perdite dall’avvento di internet, una circostanza tutt’altro che isolata.

La proposta e la situazione in Canada

Secondo il governo canadese, dal 2008 hanno chiuso più di 450 testate giornalistiche nel Paese, vedendo inoltre scomparire almeno un terzo dei giornalisti canadesi; la perdita maggiore degli introiti delle testate giornalistiche, è legata agli annunci economici e agli abbonamenti stampa. Le entrate pubblicitarie, sono quasi a totale appannaggio di aziende come Google e Facebook che, in Canada, detengono insieme l’80% delle entrate pubblicitarie online, incassando 9,7 miliardi di dollari all’anno.

Pablo Rodriguez, ministro del Patrimonio canadese, ha dichiarato che: “Il settore delle notizie è in crisi. Tradizionalmente, la pubblicità è stata una delle principali fonti di entrate per il settore delle notizie. È sempre meno vero. Direi che la realtà è triste. Le testate giornalistiche e i giornalisti devono ricevere un equo compenso per il loro lavoro. Non dovrebbe essere gratuito. Google e Facebook utilizzano i contenuti delle notizie sui loro siti senza doverli pagare davvero. Con questo disegno di legge, stiamo cercando di affrontare lo squilibrio del mercato“.

Rodriguez inoltre, sottolinea come il panorama attuale possa favorire disinformazione e fake news, creando una sempre maggiore sfiducia pubblica e una disinformazione dannosa per la società; fenomeni che verrebbero combattuti e diminuiti, a suo dire, grazie al nuovo disegno legislativo.

La nuova normativa si basa in gran parte sul cosiddetto “modello australiano“, guardando a quanto già fatto dall’Australian Competition and Consumer Commission che, dallo scorso anno, ha già incassato 190 milioni di dollari per le società di media australiane. Lo schema canadese prevede che Facebook, Google e altri, concludano accordi commerciali equi con giornali, aziende di notizie online, emittenti private e pubbliche che soddisfino determinati criteri.

Lo scopo è quello di consentire la trattazione e la stipula degli accordi direttamente fra gli interessati, senza necessità di intervento da parte del governo, non esiste dunque una formula per stabilire quanto dovuto alle emittenti, ma il compenso dipenderà dagli accordi intercorsi. Qualora non si riesca ad ottenere un accordo volontario, le aziende giornalistiche potranno rivolgersi al CRTC, per avviare un processo di contrattazione obbligatoria ed ottenere una decisione vincolante.

Requisiti, libertà di stampa e il resto

Il governo canadese ha scelto la CRTC per amministrare quanto deriverà dal nuovo scenario normativo, questo in virtù della rodata esperienza dell’ente con i media. Per essere idonee alla stipula degli accordi con i big tech, le aziende di notizie devono soddisfare alcuni requisiti: impiegare regolarmente due o più giornalisti in Canada, operare principalmente in Canada, produrre contenuti progettati e modificati nel Paese, produrre principalmente contenuti di notizie.

Rodriguez ha sottolineato dunque che la decisione finale, sull’adeguatezza o meno di un organo di stampa, verrà presa dal CRTC; “non decido io chi si qualifica e chi no. Sarebbe terribile per la nostra democrazia. No, non dovrebbe dipendere dal ministro o dal governo che si qualifica“.

Come in ogni frangente, anche qui non sono mancate le critiche, accademici e osservatori infatti temono che il nuovo disegno di legge possa minare la libertà di stampa, poiché a loro dire le testate giornalistiche sarebbero dipendenti dagli accordi economici stipulati. Michael Geist, presidente di ricerca canadese su Internet e l’e-commerce Law presso l’Università di Ottawa, ha dichiarato: “Questo rappresenta nientemeno che uno shakedown sostenuto dal governo che corre il rischio di minare l’indipendenza della stampa, aumentare la dipendenza dalle grandi tecnologie e danneggiare la concorrenza e gli investimenti nei media canadesi. Questo disegno di legge è una politica terribile. La maggior parte dei vantaggi andrà a una manciata di lettori multimediali molto grandi che hanno fatto pressioni sul governo per questo tipo di legislazione“.

Di contro Jamie Irving, presidente di News Media Canada e vicepresidente della catena di giornali Brunswick News, ha dichiarato che questo disegno di legge “livellerebbe il campo di gioco e darebbe agli editori canadesi una buona possibilità, non richiedendo ulteriori fondi dai contribuenti. Le informazioni affidabili sono oggi più necessarie che mai e le notizie vere riportate da veri giornalisti costano soldi veri“.

E in Italia? Ovviamente, la situazione delle testate giornalistiche sopra riportata è molto simile anche da noi, oggigiorno le notizie si leggono utilizzando smartphone, tablet e computer, attraverso i servizi offerti dai colossi come Google e Facebook; molti tra voi lettori, quelli più giovani, probabilmente non si sono mai recati in un’edicola per acquistare un giornale, men che meno hanno probabilmente mai letto un quotidiano cartaceo. Attualmente nel Bel Paese non c’è una normativa che prevede misure simili, ma non è da escludere che, in futuro, qualcosa di analogo possa essere introdotto anche da noi, magari a livello di Unione Europea con qualcosa di simile al Digital Markets Act.