Una nuova inchiesta di Reuters riaccende i riflettori su Meta, e questa volta il tema è particolarmente delicato: le truffe online che proliferano su Facebook e Instagram, e il presunto doppio gioco con cui l’azienda di Mark Zuckerberg le gestirebbe internamente. Secondo alcuni documenti riservati infatti, Meta sarebbe perfettamente consapevole di quanto il fenomeno incida sui propri guadagni, fino al 10% del fatturato complessivo, e proprio per questo si mostrerebbe restia a combatterlo con decisione, per non danneggiare i ricavi pubblicitari.

Offerta

Xiaomi Smart Band 10

39.09€ invece di 49.99€
-22%

Quello delle truffe online è un business che vale miliardi di dollari per Meta

Stando a quanto riportato, i sistemi interni di Meta avrebbero classificato come ad alto rischio circa 15 miliardi di annunci truffa mostrati agli utenti ogni singolo giorno, a cui si aggiungerebbero altri 22 miliardi di tentativi di frode organici, ossia post e messaggi non sponsorizzati ma diffusi da scammer. Il tutto si tradurrebbe, secondo le stime interne, in oltre 7 miliardi di dollari l’anno generati proprio dagli annunci potenzialmente fraudolenti.

Il dato più inquietante riguarda però l’impatto complessivo del fenomeno: in base a una presentazione interna del maggio 2025, un terzo di tutte le truffe andate a buon fine negli Stati Uniti avrebbe avuto origine proprio sulle piattaforme di Meta.

Il nodo centrale dell’inchiesta è chiaro, Meta sa quanto guadagna dalle truffe, ma combatterle efficacemente significherebbe rinunciare a una fetta consistente del proprio fatturato pubblicitario; non a caso, dai documenti citati emerge che l’azienda bloccherebbe gli inserzionisti solo se il rischio di frode è superiore al 95%, mentre gli altri annunci, pur sospetti, resterebbero online.

In un documento dello scorso anno si leggerebbe persino che Meta avrebbe valutato ininfluente il rischio di multe da un miliardo di dollari nei mercati più regolamentati, poiché comunque di gran lunga inferiori ai profitti derivanti dagli stessi annunci.

Non che il colosso di Menlo Park non abbia considerato interventi, dopo una riunione interna nell’ottobre 2024 i dirigenti avrebbero deciso di adottare un approccio moderato al problema, pianificando una riduzione graduale della quota di ricavi illeciti (dal 10,1% nel 2024 al 7,3% entro fine 2025); tuttavia, anche in questo caso, Meta avrebbe posto un tetto massimo alle perdite accettabili per contrastare gli inserzionisti fraudolenti, non più dello 0,15% dei ricavi totali, pari a circa 135 milioni di dollari su 90 miliardi nel primo trimestre 2025.

Per conciliare la tutela degli utenti con la salvaguardia dei ricavi, Meta avrebbe introdotto un meccanismo curioso: aumentare le tariffe pubblicitarie per gli inserzionisti sospetti. In sostanza, i potenziali truffatori (non abbastanza certi da essere bannati) devono ora pagare di più per vincere le aste pubblicitarie, riducendo così la loro convenienza economica e, almeno in teoria, la diffusione degli annunci truffa.

I primi test, stando ai documenti interni citati da Reuters, avrebbero effettivamente mostrato una riduzione delle segnalazioni da parte degli utenti, ma anche un leggero calo complessivo dei ricavi pubblicitari; una soluzione insomma, che sembra più un compromesso finanziario che un reale cambio di strategia.

Interpellato da Reuters, Andy Stone, portavoce di Meta, ha respinto le accuse, affermando che l’azienda combatte aggressivamente le truffe e le frodi perché questi contenuti non sono voluti né dagli utenti, né dagli inserzionisti legittimi, né tantomeno dall’azienda stessa. Stone ha anche sottolineato che negli ultimi 18 mesi le segnalazioni di annunci truffa sarebbero diminuite del 58%, e che nel solo 2025 Meta avrebbe rimosso oltre 134 milioni di inserzioni fraudolente.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, la mole di dati e la portata delle accuse sollevate mostrano un quadro difficile da ignorare, Meta si trova in una posizione paradossale: da un lato deve tutelare la fiducia degli utenti e degli inserzionisti onesti, dall’altro continua a trarre enormi profitti da un ecosistema pubblicitario che, inevitabilmente, lascia spazio anche ai truffatori.

Bisognerà attendere prima di vedere un cambiamento concreto, la riduzione progressiva delle entrate legate alle frodi è prevista solo per la fine dell’anno in corso, e non è affatto detto che basti a risolvere un problema tanto radicato.

I nostri contenuti da non perdere: