Nel mondo dell’intelligenza artificiale assistiamo quotidianamente a nuove soglie tecnologiche che vengono superate una dopo l’altra, ma questa volta il passo compiuto è decisamente astronomico: a partire da novembre 2025, le GPU NVIDIA H100, le stesse utilizzate nei più avanzati data center terrestri, verranno installate su satelliti in orbita, inaugurando di fatto la prima piattaforma cloud spaziale alimentata esclusivamente a energia solare.

Una rivoluzione resa possibile dalla collaborazione tra Crusoe (azienda specializzata in infrastrutture energetiche per IA) e Starcloud, startup del programma NVIDIA Inception che sta costruendo data center orbitanti progettati per funzionare con pannelli solari di dimensioni gigantesche, non vincolati alla disponibilità di suolo terrestre o alla reti elettriche tradizionali.

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Le GPU NVIDIA H100 in orbita per un data center nello spazio

Perché portare un data center nello spazio? La motivazione è molto pratica oltre che visionaria, l’energia solare nello spazio non è filtrata dall’atmosfera e viene quindi catturata in forma molto più pura e d efficiente; secondo le stime condivise, i costi energetici dei futuri data center orbitanti saranno fino a 10 volte più bassi rispetto agli impianti tradizionali, persino considerando i costi di lancio dei satelliti.

Significa, in altre parole, disporre di energia rinnovabile virtualmente illimitata, senza dipendere dalle reti terrestri e senza gravare sulle già complesse infrastrutture di alimentazione e raffreddamento che, con la corsa all’IA, sono diventate un collo di bottiglia per molti operatori del settore.

La prima GPU H100 verrà lanciata da Starcloud a novembre 2025 a bordo del satellite Starcloud-1 (dal peso complessivo di circa 60 kg e dimensioni simili a quelle di un frigorifero) e fornirà una potenza di calcolo 100 volte superiore rispetto a qualsiasi missione di elaborazione spaziale precedente.

Tuttavia sorge subito spontanea una domanda, come si raffredda una GPU in assenza d’aria? La soluzione è altrettanto innovativa, il vuoto profondo viene utilizzato come dissipatore di calore naturale, senza consumo idrico e senza ventole tradizionali, disperdendo calore tramite irraggiamento in infrarosso. In un contesto di crisi energetica e scarsità di acqua dolce, soprattutto per i mega data center, questo approccio apre scenari del tutto nuovi per la sostenibilità dell’IA ad alta intensità computazionale.

Nella fase iniziale le applicazioni principali riguarderanno il trattamento di dati raccolti direttamente nello spazio, in particolare elaborazione di immagini satellitari ad alta risoluzione, analisi iperspettrale per l’agricoltura di precisione, modelli meteo avanzati e rilevamento in tempo reale di incendi o disastri naturali.

L’elaborazione direttamente in orbita significa saltare molti dei colli di bottiglia legati alla trasmissione Terra-spazio, l’inferenza IA potrà avvenire in loco, riducendo la latenza e accorciando i tempi di risposta da ore a minuti, un aspetto fondamentale nei contesti di emergenza.

L’azienda prevede inoltre di evolvere rapidamente l’architettura verso la piattaforma NVIDIA Blackwell, con un ulteriore incremento prestazionale fino a 10 volte rispetto alla generazione Hopper, aprendo la strada a veri e propri data center in orbita.

Secondo Starcloud, tra 10 anni quasi tutti i nuovi data center saranno costruiti nello spazio; è una dichiarazione ambiziosa, ma perfettamente allineata alle pressioni energetiche che oggi limitano la crescita dell’IA sulla Terra. Se questo primo passo dovesse rivelarsi efficace, potremmo trovarci davanti a una transizione energetica del tutto inedita, non solo alimentazione rinnovabile per il cloud, ma un vero spostamento dell’infrastruttura computazionale oltre l’atmosfera terrestre.

NVIDIA è dunque pronta a portare l’IA dove nessuno aveva ancora osato, dimostrando che ciò che oggi sembra fantascienza potrebbe diventare la normalità nel giro di pochi anni.

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