Sono passati quasi tre anni dal lancio di ChatGPT, per molti aspetti il principale (sicuramente il più noto anche a livello mediatico) chatbot di intelligenza artificiale. Ogni giorno sempre più persone in tutto il mondo utilizzano ChatGPT ed è interessante capire in che modo viene utilizzato. In questi quasi tre anni è cambiato il modo in cui gli utenti sfruttano i modelli di ChatGPT e a restituire una fotografia molto interessante della situazione è lo studio How People Use ChatGPT pubblicato da OpenAI in collaborazione con Harvard e Duke University.

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Cosa dice lo studio sull’utilizzo di ChatGPT

Oggi ChatGPT conta oltre 700 milioni di utenti settimanali attivi e gestisce ogni giorno più di 2,5 miliardi di richieste. Si tratta di una diffusione globale senza precedenti per una nuova tecnologia, superiore a quella registrata da qualsiasi altra innovazione digitale nel medesimo arco temporale. Inoltre considerando la mole di richieste che ogni giorno ChatGPT elabora è interessante capire quali attività e richieste gli vengono sottoposte perché dice molto non solo delle necessità quotidiane di milioni di persone, ma anche (e forse soprattutto) di come l’IA viene oggi utilizzata.

Un uso più personale che professionale

Da questo punto di vista un dato sorprendente riguarda il progressivo spostamento dell’uso di ChatGPT dalla sfera professionale a quella personale. Se nel giugno del 2024 solo poco più della metà delle conversazioni non era legata al lavoro, un anno dopo questa quota ha superato il 70%. Il chatbot diventa così uno strumento quotidiano, utile per la gestione della vita di tutti i giorni, non solo per attività lavorative. A trainare questa trasformazione sono le richieste di consigli pratici, la ricerca di informazioni e la scrittura di testi, che da sole rappresentano oltre tre quarti di tutte le interazioni.

Chi utilizza di più ChatGPT

Un altro dato interessante che emerge dallo studio riguarda il cambiamento dell’identikit degli utenti. All’inizio, infatti, ChatGPT era utilizzato soprattutto da uomini con competenze tecnologiche elevate. Oggi, la base di utenti è molto più diversificata. Le donne rappresentano la maggioranza degli utenti attivi e quasi la metà dei messaggi proviene da persone con meno di 26 anni. Inoltre, la crescita dell’adozione è particolarmente marcata nei Paesi a medio e basso reddito, dove l’accesso alla tecnologia si sta rivelando più rapido di quello nelle economie avanzate. Si tratta di un aspetto potenzialmente interessante, legato alla possibilità dell’intelligenza artificiale di colmare alcuni gap sociali, pur con tutte le difficoltà e questioni ancora irrisolte da questo punto di vista.

Cosa chiediamo all’intelligenza artificiale

Lo studio mette in evidenza anche una distinzione interessante tra i diversi modi di utilizzare ChatGPT. Una parte degli utenti, infatti, chiede semplicemente informazioni o consigli, per orientarsi e prendere decisioni. Altri chiedono al chatbot di svolgere compiti veri e propri, come scrivere testi, generare immagini o analizzare dati. Infine, c’è una minoranza che utilizza il sistema per esprimersi o conversare in modo più libero, senza un obiettivo preciso.

Entrando più nel dettaglio dell’utilizzo professionale dell’AI, la scrittura si conferma l’ambito in cui ChatGPT è più utilizzato. Circa il 42% dei messaggi legati al lavoro riguarda attività di redazione, revisione o traduzione di testi. In molti casi più che di scrittura da zero di nuovi contenuti si tratta di modificare contenuti già esistenti. Seguono le richieste di supporto tecnico, i suggerimenti per risolvere problemi specifici e le attività di ideazione creativa. I manager, i professionisti del marketing e gli impiegati amministrativi sono tra i profili più attivi, mentre tra gli utenti tecnici prevalgono richieste di tipo informativo.

Dal punto di vista delle competenze richieste nel mondo del lavoro, le interazioni con ChatGPT si concentrano soprattutto su due aree fondamentali. Da una parte ci sono l’acquisizione, l’elaborazione e la trasmissione di informazioni, dall’altra la capacità di prendere decisioni, risolvere problemi e generare idee. Questa tendenza è trasversale a tutte le professioni, dai dirigenti agli insegnanti, dai programmatori agli addetti alle vendite.

La qualità delle risposte

Lo studio che OpenAI ha condotto in collaborazione con Harvard e Duke University ha analizzato anche la percezione della qualità delle risposte. I messaggi classificati come richieste di informazioni o consigli tendono a ottenere giudizi più positivi rispetto a quelli che chiedono al sistema di eseguire un compito. In particolare, i contenuti legati all’espressione personale sono valutati molto positivamente, mentre quelli legati al supporto tecnico o alla generazione di immagini sono più soggetti a critiche.

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Un cambiamento ancora invisibile

Oltre ai dati sull’utilizzo, lo studio evidenzia anche un aspetto meno evidente ma potenzialmente decisivo come quello legato all’impatto economico che ChatGPT sta già generando nella vita quotidiana delle persone. Si tratta di un valore reale, fatto di tempo risparmiato, decisioni migliori, maggiore produttività e accesso facilitato alla conoscenza, che però non viene rilevato dai tradizionali indicatori macroeconomici come il Pil. Per esempio, negli Stati Uniti, il cosiddetto surplus del consumatore (cioè la differenza tra quanto una persona sarebbe disposta a pagare per un servizio e quanto effettivamente lo paga) legato all’uso di ChatGPT è stato stimato in almeno 97 miliardi di dollari nel solo 2024.

È un cambiamento profondo, che sta trasformando il modo in cui apprendiamo, lavoriamo, risolviamo problemi e comunichiamo, ma che continua a restare in parte invisibile alle metriche con cui misuriamo il valore economico di un’innovazione. L’avvento rivoluzionario dell’intelligenza artificiale passa anche da qui, dalla capacità di saperne riconoscere l’impatto così da comprenderne meglio gli effetti, sia quelli positivi che quelli più critici.

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