NVIDIA, azienda simbolo della corsa globale all’intelligenza artificiale, è riuscita a sfuggire (almeno per ora) a uno scenario che avrebbe potuto cambiare radicalmente il suo destino; il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva infatti inizialmente preso in considerazione l’idea di smantellare NVIDIA, considerata troppo potente e troppo dominante nel mercato dei chip IA. Un’intenzione che, almeno in teoria, avrebbe potuto segnare un punto di svolta nell’assetto del settore tecnologico americano, ma le cose sono andate diversamente.
Un cambio di rotta inaspettato (e fortunato) per NVIDIA
Durante un recente evento a Washington, Trump ha raccontato di aver preso in considerazione l’ipotesi di fare a pezzi NVIDIA non appena venuto a conoscenza del suo dominio tecnologico; si trattava di una mossa in linea con il suo approccio aggressivo alle grandi aziende tech ma, come spesso accade, il presidente ha poi fatto marcia indietro lasciandosi convincere da ragioni più pragmatiche.
L’incontro con Jensen Huang, CEO e volto pubblico di NVIDIA, avrebbe giocato un ruolo chiave nel fargli cambiare idea; Huang è riuscito a illustrare a Trump l’importanza strategica dell’azienda e la difficoltà di replicare le sue capacità anche nel lungo periodo, evidenziando come uno smembramento non avrebbe portato benefici concreti, né per il mercato né per la competitività americana.
Il vero colpo di scena tuttavia riguarda la Cina, sotto l’amministrazione Trump gli Stati Uniti avevano imposto severe restrizioni alla vendita di chip IA avanzati verso il mercato cinese, con l’obbiettivo dichiarato di limitare le capacità tecnologiche dei concorrenti strategici; eppure, proprio NVIDIA ha ottenuto il via libera, seppur parziale, per esportare i propri chip H2O, aprendo una nuova e redditizia fonte di ricavi.
Una decisione che ha fatto storcere il naso a più di un osservatore, ma che secondo il Segretario al Commercio Howard Lutnik è stata presa con cautela: i chip concessi alla Cina non sarebbero i più potenti, bensì versioni ridotte pensate per rendere gli sviluppatori cinesi dipendenti dallo stack tecnologico americano, senza rafforzare eccessivamente le capacità autonome di Pechino nel settore IA.
Nel frattempo NVIDIA continua a macinare record, è diventata la prima azienda a superare la soglia simbolica dei 4.000 miliardi di dollari di capitalizzazione, rafforzando ulteriormente la propria posizione nel settore; un risultato che ha acceso i riflettori anche sotto la precedente amministrazione statunitense che avrebbe valutato indagini antitrust, un segnale che la posizione dominante dell’azienda non passa certo inosservata.
Tuttavia, l’attuale linea di Trump sembra allontanare, almeno temporaneamente, lo spirito di un’azione legale; anzi, il presidente è arrivato addirittura a elogiare Jensen Huang, definendolo una figura chiave e mostrando apprezzamento per le sue capacità.
La vicenda dimostra ancora una volta quanto la tecnologia, l’IA in particolare, sia diventata un terreno decisivo anche sul fronte geopolitico; NVIDIA si conferma un asset strategico al centro di interessi incrociati che spaziano dall’innovazione alla sicurezza nazionale, dal commercio globale all’equilibrio interno del mercato. Se da un lato Trump ha mostrato di voler limitare certi eccessi, dall’altro ha riconosciuto che ci sono realtà troppo complesse da smontare con un semplice ordine politico.
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