L’utilizzo della realtà virtuale (VR) sta prendendo sempre più piede a livello consumer ma, man mano che si espandono i suoi confini, si sta scoprendo sempre di più sugli usi paralleli che è possibile farne. Un esempio concreto lo abbiamo già visto come metodo di esercitazione dei chirurghi ma, sempre in ambito medico, lo troviamo anche all’ospedale St Joseph in Francia, dove alcuni studenti hanno sviluppato un sistema che utilizza la VR in sostituzione della tradizionale dell’anestesia locale.

Il programma è sorprendentemente semplice: i pazienti indossano visore VR e si immergono nella tranquillità del mondo digitale in 3D fatto di colline innevate e giardini zen giapponesi. Invece di concentrarsi sul disagio della chirurgia – come ad esempio il trattamento per una spalla lussata – sono distratti da piacevoli stimoli uditivi e visivi che li aiutano a far fronte al dolore e al fastidio.

Secondo il Dr. Olivier Ganasia, capo del reparto dell’ospedale, l’uso della VR durante il trattamento è come l’ipnosi: “Essa ci consente di offrire ai pazienti una tecnica per distrarre la loro attenzione e frenare il loro mix di dolore e ansia quando vengono trattati nel pronto soccorso… Credo che tra 10 anni la realtà virtuale non sarà più nemmeno una domanda e verrà utilizzata abitualmente negli ospedali.

Placebo o ipnosi, l’importante che funzioni

In questa fase, la terapia della realtà virtuale è ancora considerata sperimentale e sono necessarie ulteriori ricerche per assicurarne l’utilizzo a livello più esteso. Tuttavia, che si tratti di effetto placebo o di ipnosi, quello che conta è il risultato finale. C’è già un certo consenso sul fatto che la realtà virtuale non sia solo utile a distrarre le persone; potrebbe anche essere la riprogrammazione del modo in cui il sistema nervoso risponde al dolore in generale.